Celebrerà le unioni civili, Andrea Dal Prete, avvocato e sindaco leghista di Polpenazze del Garda, piccola località in provincia di Brescia. In queste ultime settimane – concitatissime per quanto riguarda i decreti attuativi, fino alla recente firma del decreto ponte da parte di Renzi e del ministro Orlando – il dibattito sulle famiglie delle persone dello stesso sesso è tornato alla cronaca sia per l’attesa della comunità Lgbt, sia per le dichiarazioni sparse sulla possibilità di esercitare l’obiezione di coscienza, non prevista per altro dalla legge appena approvata. Resistenze che arrivano per lo più dalle file della destra, dalle quali tuttavia il sindaco della piccola località bresciana prende le distanze.
«La norma stabilisce che due persone omosessuali possano presentarsi in comune per le unioni civili. E il sindaco non può che rispettare la legge» dichiara il primo cittadino, e rifiutarsi di celebrarle o impedire a due persone di unirsi civilmente «sarebbe omissione di atti d’ufficio», ci tiene a precisare. Dichiarazioni che vanno in direzione opposta rispetto alle direttive del partito. Attraverso le parole del segretario provinciale, Paolo Formentini, la Lega Nord aveva invitato i suoi rappresentanti a obiettare. «Prima la legge, poi il partito» ha risposto Dal Prete.
Presa di posizione che sorprende, se si pensa che lo stesso comune è tra i patrocinatori della “festa della famiglia” alla quale parteciperà Gianfranco Amato e il cui slogan sarà «Giù le mani dai nostri figli». Se con una mano dà, il sindaco leghista, con l’altra toglie. Contraddizione non nuova, ad ogni modo, in quelle latitudini. Ha fatto discutere, infatti, la dichiarazione di Federico Manzoni, assessore bresciano ai servizi demografici e responsabile dell’ufficio matrimoni del Pd (e cattodem) che ha negato le sale, utilizzate normalmente per i matrimoni civili, per le unioni civili: «Non è una celebrazione ma una semplice dichiarazione e, stando al testo attuale, non sono previsti riti né fasce». Dichiarazione che va in direzione opposta, rispetto la narrazione entusiastica e gay-friendly da parte del Pd, il suo partito, che ha fatto di questo provvedimento uno dei più qualificanti dell’intera azione di governo.
Ci ritroviamo, quindi, ad avere un sindaco leghista che dice no al presunto “gender” e sì alle unioni tra persone dello stesso sesso da una parte. Dall’altra, un primo cittadino di un partito apparentemente a favore dei diritti di gay e lesbiche che poi, concretamente, applica una discriminazione tra cittadini e cittadine per il loro orientamento sessuale. Meraviglie del bel paese. O colpi di sole del caldo di questi giorni.
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