Politica&diritti

Ddl Zan, basta narrare Renzi come un salvatore: con lui meno dignità per le persone Lgbt+

Aggiustiamola questa narrazione renziana, basata sull’arrivo di un “salvatore” che ha portato in Italia ciò che prima non c’era. Renzi non si è inventato nulla. Renzi non ci ha “dato” nulla. Ha raccolto un percorso già in atto, semmai, snaturandolo. L’Italia era tremendamente indietro, per quanto riguarda i diritti delle persone Lgbt+. E lo è tuttora. La comunità arcobaleno – che quel percorso lo ha preparato con anni di lotte – chiedeva piena eguaglianza. Questo era il punto in cui si era arrivati nel 2015. Piena uguaglianza come negli altri paesi, dove c’è il matrimonio uguale a quello a cui accedono le persone eterosessuali.

Il Pd della stagione renziana – e l’Italia era fresca di condanna per violazione dei diritti umani – aveva due scelte: la pari dignità o la mediazione al ribasso. Renzi ha scelto quest’ultima. Non il matrimonio, ma l’istituto a parte. E in quest’ottica, poi, non più il “separate but equal”, ma le “formazioni sociali specifiche”. Non andò più bene nemmeno il testo a firma di Monica Cirinnà, leggermente migliore di ciò che venne poi votato. E poi via il vincolo di fedeltà (siamo promiscui, no?), via le stepchild adoption, via il capitolo sulla genitorialità. Una lunga collezione di sforbiciate.

Monica Cirinnà, in piazza per “Svegliati Italia”

La comunità Lgbt+ non voleva una panchina su cui sedersi, per guardare a distanza gli eterosessuali spaparanzati sui sofà del privilegio. E nemmeno un sedile in fondo all’autobus (le unioni civili renziane questo sono) dove i posti migliori sono riservati a una maggioranza. Volevamo pari dignità. Renzi ha scelto altrimenti. Questa è la narrazione corretta. L’Italia doveva approvare una legge. Lui ha scelto la soluzione più discriminatoria possibile.

La comunità Lgbt+ ha chiesto i PaCS quando in tutta Europa c’erano istituti minori. Il matrimonio quando nella quasi totalità dei paesi di vecchia e nuova democrazia – civili, cioè – si è arrivati a questo istituto. Siamo sempre stati al passo coi tempi, insomma. Nel segno della dignità piena. Renzi ha scelto la soluzione che si allontavana quanto più possibile da questo concetto: dignità piena, appunto.

Per capire anche il presente, guardando alle scelte del passato: anche l’Ungheria di Orban ha sì le unioni civili. Ma proprio quel paese, come l’Italia, ha eliminato il capitolo della genitorialità con un provvedimento ad hoc. E a volerla dire tutta, sempre in Ungheria si legifera contro la comunità transgenderA conti fatti, dunque, non siamo come Francia, Spagna, Stati Uniti, Brasile, Sud Africa, Norvegia, ecc. Siamo più vicini, semmai, a quanto accade in un paese razzista e omo-transfobico. Renzi, se proprio vuole, può vantarsi di questo risultato.

Adesso, lo stesso identico schema delle unioni civili si sta ripetendo con(tro) l’approvazione del ddl Zan. Partire da un compromesso già di per sé al ribasso e, dopo aver scatenato i cani da guardia del regresso civile in parlamento, far quelli che vogliono risolvere la cosa (e placare la cagnara) con la nobile arte della mediazione. Quando altro non è che l’ennesimo tentativo di amputazione di capitoli fondamentali – l’identità di genere, in primis – per fare una legge che piaccia più a chi vuole osteggiarla che alla comunità a cui è rivolta.

Davide Faraone (Italia Viva) in prima linea per cambiare il ddl Zan

E una parola, infine, sulle povertà intellettuale di un elettorato che ripete a pappagallo quanto dice il leader: insistere sulla logica della concessione non fa altro che evidenziare un limite culturale. Venir col ditino puntato, come quello di chi la sa lunga, a dire che senza lui, il leader dell’1,9%, non avremmo avuto nemmeno le unioni civili è un atteggiamento basato sull’elargizione dall’alto. Un’edizione 2.0 di charte octroyée di ottocentesca memora. Siete già froci – venite a spiattellarci in faccia – è già tanto che abbiate questo. E dovremmo pure ringraziare. 

Come se a lavorare per una legge seria e quanto più equa possibile non fossero in realtà altre persone, da Zan a Cirinnà stessa, passando per lə parlamentari dei vari partiti che sul ddl ci stanno mettendo davvero faccia e energia.

E magari, mentre ripetete pappagallescamente certe scempiaggini di cui non comprendete il portato violento e discriminatorio, pensate di aver detto qualcosa pure di liberale. Quando invece, nei paesi di cui sopra, certe esternazioni verrebbero bollate nella migliore delle ipotesi come cialtronerie. E, a usare i termini tecnici, omofobe.

Perché la logica della concessione dall’alto, come si diceva prima, non fa altro che evidenziare un limite culturale. Ieri, ai tempi delle unioni civili, questo limite coincideva con l’omofobia. Oggi, volendo mediare con la Lega per togliere l’identità di genere da una legge che è il minimo sindacale, aggiungete pure il capitolo della transfobia al vostro pseudo-progressismo liberale di facciata. Fate pace con ciò che siete, insomma.

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