Seconda condanna definitiva per Silvana De Mari nel giro di pochi giorni. Questa volta, a portare in tribunale la scrittrice era stato il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli di Roma. De Mari aveva definito Mieli, filosofo e padre del movimento LGBTQIA+ italiano, come un “cantore di pedofilia, necrofilia e coprofagia”. Poi si era spinta oltre, insinuando che “tutti gli iscritti (al Circolo, ndr) provino simpatia per queste pratiche? O che almeno non ne provino nausea?”.
Sei anni dopo quelle dichiarazioni e la denuncia sporta dall’associazione romana, è arrivata la sentenza definitiva. La Cassazione ha infatti respinto il ricorso contro la sentenza della Corte D’Appello di Torino, che l’aveva riconosciuta responsabile di diffamazione aggravata.
“I giudici hanno, per l’ennesima volta, reputato che non è possibile offendere l’onore del Circolo e dei nostri soci con termini del genere” si legge in una nota. La nota riporta uno stralcio della linea tenuta dall’avvocato Michele Potè. “E’ necessario contestualizzare l’opera di Mario Mieli, “Elementi di critica omosessuale”, nel periodo in cui venne scritta, ovvero gli anni ’70, e le frasi sicuramente provocatorie dell’intellettuale agli strumenti del marxismo e della psicoanalisi”, ha sostenuto l’avvocato, socio di Rete Leford, che ha rappresentato il Mieli.
“La De Mari è l’espressione perfetta del bieco fondamentalismo cattolico, alimentato dal puro odio ideologico, che guida il governo italiano nella sua persecuzione contro le persone transgender e le famiglie arcobaleno e che ogni giorno soffia sul fuoco dell’omolesbobitransfobia – dichiara il presidente del Circolo, Mario Colamarino -. Per noi questa sentenza è un piccolo, ma significativo riconoscimento di quanto sia giusta e doverosa la nostra lotta”.
“Aggiungiamo che un’ulteriore soddisfazione ci arriva dal sapere che l’avvocato che ha rappresentato De Mari in quest’ultima fase del processo altri non è che Simone Pillon – prosegue Colamarino -, odiatore seriale della comunità LGBTQIA+, già condannato egli stesso per diffamazione. Una scelta non proprio lungimirante, un po’ come quella della Regione Lazio di togliere il patrocinio al Roma Pride”.
“Reagiremo colpo su colpo. Porteremo puntualmente in tribunale chiunque offenda noi e qualunque membro della comunità LGBTQIA+ – sottolinea ancora il presidente -. Non deve passare il messaggio che l’omolesbobitransfobia sia ancora tollerata in questo Paese. Con il risarcimento ottenuto dalla De Mari abbiamo già aiutato diverse persone in difficoltà afferenti al Centro antidiscriminazione del Circolo. E così faremo con quanto otterremo dalle future cause.”
“Ringraziamo per il lavoro svolto l’avvocato Michele Potè e il già presidente del Mieli, l’avvocato Sebastiano Secci, che sin dall’inizio hanno seguito la causa”, conclude Colamarino.
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