Siri, Alexa, Cortana. Le assistenti virtuali sono donne e femminili sono le loro voci. Anche quando esiste un’alternativa – una voce maschile – non è mai l’opzione predefinita. L’equazione “assistente = donna” è radicata. Proprio per questo nasce “Q” , la voce senza genere.
L’iniziativa è partita da un gruppo di ricercatori guidati dal Copenhagen Pride, dall’organizzazione EqualAI and Virtue e da un’agenzia creativa guidata da Vice.
Per arrivare ad un risultato “neutro” sono state registrate le voci di diversi partecipanti che si identificano come non-binari, o non-esclusivamente di sesso maschile o femminile. Una selezione di 4,600 persone in Europa.
Ai partecipanti è stato chiesto di modulare la voce da uno a cinque per riprodurre un suono “femminile” e da uno a cinque “per quello maschile”. Dopo aver alterato il tono, averlo filtrato, i ricercatori hanno trovato un range vocale che va da 145 a 175 hertz: è questo il tono neutro.
Lanciare “Q” è un modo per abbattere lo stereotipo che vuole l’assistente donna. Secondo gli studiosi infatti, assegnare una voce femminile a un’assistente vocale rinforza gli stereotipi che vogliono la donna sottomessa, servile. Inoltre che siano adatte soltanto a ruoli amministrativi.
Thomas Rasmussen, responsabile comunicazione di Copenhagen Pride, ha dichiarato che “Q” potrebbe aiutare non soltanto a combattere lo stereotipo di genere ma “portare all’attenzione anche delle grandissime case di produzione che i generi non sono due e due soltanto. Si tratta di dare alle persone delle opzioni e delle scelte. Una questione di libertà e inclusione“.
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