Lo ricorderete, il finto funerale inscenato da Forza Nuova a Cesena da un gruppo di militanti di Forza Nuova per protestare contro una unione civile che si stava celebrando in quel momento.
Oggi il Tribunale di Forlì ha condannato dieci militanti per diffamazione. Ognuno di loro dovrà versare 2000 euro come pena pecuniaria. Alla coppia è stato riconosciuto un risarcimento pari a 5000 euro, oltre alle spese legali.
Era il 5 febbraio del 2017 quando una coppia di uomini si univa civilmente nei locali del comune di Cesena.
Contemporaneamente, nella piazza municipale, alcuni aderenti a Forza Nuova mettevano in scena un finto funerale. “Matrimoni Gay funerale d’Italia” era la scritta apposta sulla bara portata a spalla. In giro per la città alcuni manifesti funebri recitavano: “fine della civiltà, delle nostre tradizioni, della famiglia naturale, unico cardine della nostra società e dei diritti dei bambini a crescere con una mamma ed un papà”.
I due uomini, però, decisero di sporgere denuncia contro gli attori di quella messa in scena. Oggi il tribunale ha dato loro ragione: quella è diffamazione.
Il giudice ha accolto le richieste dell’avv.ta Francesca Rupalti e dell’avv. Manuel Girola, entrambi soci di Avvocatura LGBTI- Rete Lenford e legali della coppia. Accolta anche la richiesta di risarcimento danni presentata dalla stessa Associazione come parte civile.
A Rete Lenford i condannati risarciranno un danno di 1.000 euro oltre al pagamento delle spese di giudizio. Stessa cifra, per le stesse ragioni, è stata riconosciuta ad Arcigay Rimini, anch’essa parte civile nel processo.
Ognuna delle parti sarà risarcita anche delle spese legali pari a 1800 euro ciascuno.
In totale, la sceneggiata organizzata costerà ai militanti di Forza Nuova 29.800 euro più gli accessori di legge.
“Il caso portato davanti al Tribunale di Forlì avrebbe potuto sortire esiti ben più in linea con la gravità delle condotte contestate agli imputati, se la comunità LGBTIQ+ avesse goduto della tutela che il DDL Zan, oggi in attesa di essere calendarizzato per la sua discussione in Senato, intende apprestare – commenta il presidente di Rete Lenford, avv. Vincenzo Miri -. Il Pubblico Ministero, nel caso specifico, aveva inteso percorrere la via di un’interpretazione estensiva delle attuali norme che riguardano i crimini d’odio in ragione dei motivi razziali, etnici e religiosi. Ma il Tribunale non ha potuto seguirlo e ha ripiegato, quindi, su una condanna per un reato di minor impatto sociale quale è, per l’appunto, la diffamazione”.
Spiega Miri che si tratta di un “reato che tutela la reputazione individuale, ma non i diritti e la dignità della comunità LGBTIQ+ in quanto tale”. “Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford auspica, pertanto, che la legge contro l’omofobia e la transfobia venga approvata quanto prima”, conclude il presidente.
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