Un altro passo indietro verso il medio evo: è quanto si appresta a fare la Regione Friuli Venezia Giulia, che sta investendo ben centomila euro per un l’istituzione «di una rete delle pubbliche amministrazioni per scambiare buone pratiche e promuovere il valore della diversità tra uomo e donna quale elemento essenziale per lo sviluppo e la coesione sociale». Tradotto in altri termini: per spendere tutto quel denaro pubblico al fine di promuovere stereotipi di genere, maschilisti e sessisti.
La denuncia arriva dalla consigliera regionale del Chiara Da Giau, che dichiara: «Il progetto in questione va evidentemente a sostituire quello Ready, annullato dalla Giunta regionale come primo atto del suo insediamento». L’esponente del Pd fa altresì notare che i quattordicimila euro stanziati per la lotta alle discriminazioni delle persone Lgbt «sembra fossero troppi» mentre «per il centrodestra è molto più utile spendere centomila euro per capire come meglio insegnare i classici stereotipi sui ruoli di genere: l’economia domestica alle femminucce e i giochi di guardie e ladri ai maschietti».
La consigliera conclude, nella sua dichiarazione: «fare finta che tante persone non esistano, che non esistano i loro diritti, che non esista la loro legittima aspirazione ad affermare se stessi per quello che sono, equivale a rinchiuderle in un ghetto». Ghetto giustificato, «da un colpevole e ipocrita richiamo ai valori della tradizione cattolica». Inoltre, «tacere su questo, non pesare le conseguenze di tali azioni, vuol dire esserne correi. Non c’è punto percentuale di consenso che potrebbe giustificare tale silenzio alle coscienze né oggi, né in futuro».
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