Quando è arrivato in Italia dal Gambia, tre anni fa, aveva subito chiesto l’asilo politico perché omosessuale. In Gambia l’omosessualità è considerata “contro l’ordine della natura” ed è punita col carcere fino a 14 anni. Ora la Corte d’appello di Trieste gli ha riconosciuto lo status di rifugiato.
Il ragazzo, che ha appena 23 anni, ha raccontato di avere avuto rapporti con un collega e vicino di casa che poi è stato arrestato. Questo ha messo in pericolo anche lui perché l’uomo aveva fatto il suo nome alla polizia.
Per questo è scappato dal Gambia affrontando un lungo viaggio attraverso il Senegal e poi la Libia. In Libia ha conosciuto il figlio del suo datore di lavoro. “Ma il padre era contrario a questa frequentazione, perché aveva sentito dire che ero omosessuale e non voleva che influenzassi il ragazzo. Così – racconta il giovane secondo quanto riporta la stampa friulana – mi ha cacciato senza paga, affidandomi a un trafficante suo amico perché mi portasse in Italia via nave”.
In Italia, però, la sua richiesta era stata respinta dalla commissione di Gorizia prima e dal Tribunale di Trieste che non avevano ritenuto veritieri i suoi racconti. Il ragazzo, infatti, era stato accusato di mentire sul proprio orientamento sessuale al solo scopo di ottenere lo status. Ora la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici d’Appello, infatti, a prescindere da quale sia il reale orientamento sessuale del ragazzo, la sua vita è in pericolo per il solo fatto che gli altri lo credano omosessuale.
Ad esempio, proprio in Gambia, nel 2015 partì una vera e propria caccia ai gay durante la quale alcune testate locali pubblicarono le foto e i nomi dei presunti omosessuali da arrestare. Questo causò diverse “spedizioni punitive” con aggressioni, pestaggi e violenze ai danni di uomini e donne ritenuti gay o lesbiche.
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