Si è sentita male, il 27 agosto alle 18.52, Sara Hermanns, trans genovese. E come avrebbe fatto chiunque, si è recata all’ospedale in cerca di aiuto. All’ospedale Galliera del capoluogo ligure, Sara incontra un uomo che in quel momento si occupava del triage, presumibilmente un infermiere. Ma l’uomo, che all’inizio si era dimostrato disponibile e gentile, cambia immediatamente atteggiamento quando capisce di avere davanti una persona tansgender al punto che la donna decide di rinunciare alle cure e tornare a casa.
È stata la stessa Sara, capitana della Nazionale Trans “Iron Ladies”, a raccontare l’accaduto in uno status si Facebook. “Mi sono recata presso l’ospedale Galliera sotto consiglio della mia farmacista fidata in quanto per un controllo delle pressione arteriosa il risultato era oltre i limiti della norma: la minima 103 a la massima 146 – scrive Sara sulla sua bacheca -. Una volta davanti allo sportello triage un signore col camice bianco molto educato e cortese mi chiede cosa mi era accuduto e mentre raccontavo mi dice di dargli un documento di riconoscimento”. È a quel punto che il comportamento dell’uomo allo sportello cambia radicalmente.
“Gli passo il documento – continua Sara -, gli da un’occhiata e mi dice che avevo sbagliato documento in quanto la foto non corrispondeva al nome anagrafico e quindi ho dovuto spiegargli che ero una trans. Ero già in agitazione e spaventata ma dal momento in cui il tono e l’atteggiamento del Signore si è trasformato in un atteggiamento di intolleranza e usando pronomi non più di cortesia e frasi con verbi maschili il mio stato emotivo e peggiorato, credo che la pressione arteriosa sia aumentata vertiginosamente, il peso che sentivo sul lato sinistro sempre più in aumento ma con tutto ciò ho preferito alzarmi dal lettino e ritornare a casa, non potevo più fidarmi di una persona così, nello stato in cui ero avevo bisogno di una persona che riuscisse a tranquillizzarmi non una persona che cercava di ammazzarmi, un medico dico un medico dovrebbe sapere queste cose ma probabilmente l’omofobia latente prevaleva sull’etica”.
Nonostante il malessere, dunque, Sara torna a casa.
“Quando ha visto il documento – ha raccontato Sara a GayPost.it -, ha cominciato a darmi del tu, mentre prima mi dava del lei, e a usare i pronomi al maschile. Poi mi ha detto di seguirlo perché mi misurasse la pressione. Una volta entrati in una stanzetta, con un tono scocciato mi ha detto: ‘Stai seduto lì!’. Poi mi ha misurato la pressione e mi ha detto che non avevo niente. Me ne sono andata anche se sapevo che non era così perché la mia dottoressa mi aveva detto di andare in ospedale quando l’ho chiamata per dirle com’era la pressione”.
È turbata, Sara, che da sempre frequenta la comunità di San Benedetto al Porto fondata da don Gallo, “un secondo padre per me”, dice. “Ho pensato che quell’uomo, al Galliera – dice -, fosse un transfobo e non mi sono sentita al sicuro“.
La vicenda di Sara ha tenuto col fiato sospeso tutti i suoi amici che su Facebook hanno seguito l’evolversi dei fatti, fino alle dimissioni da Villa Scassi, preoccupati per lo stato di salute della donna e per il fatto che era andata via dall’ospedale senza le dovute cure.
Un episodio simile era successo qualche tempo fa in un ospedale di Napoli dove un’altra trans aveva lasciato l’ospedale dopo essere stata discriminata dal personale presente proprio per la sua identità di genere.
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