Si intitola “Grillo vs. Grillo” (Grillo contro Grillo) lo spettacolo del comico genovese e fondatore del Movimento 5 Stelle visibile da qualche giorno su Netflix. E mai titolo fu più azzeccato. Succede infatti che in un passaggio dello spettacolo, Grillo parli di transgender in termini tutt’altro che lusinghieri e che hanno provocato non poche reazioni.
“C’erano i travestiti, non i transgender – dice dal palco -. Oggi se fai una battuta sui trangender ti prendi dieci querele, s’incazzano”. E poi dà la sua personalissima definizione di transgender. “È una donna col belino (pene, in dialetto genovese, ndr) – dice mentre il pubblico ride fragorosamente -. O è una donna col belino o è un uomo che parla troppo. Che cazzo devi fare?”. “Transgender… – continua -. E infatti c’erano i portuali, che si mettevano la parrucca, andavano coi tacchi così (simula una camminata sconnessa), prendevano un marine ubriaco se lo inchiappettavano, poi lo buttavano sulla portaerei. Non c’erano le escort, c’erano le bagasce“.
“Grillo sembra fare accenno, in questo ultimo spettacolo, alla diffusa polemica sulla presunta limitazione alla libertà di espressione che sarebbe agita dalle associazioni LGBT ogni qual volta sono trattate, in maniera irriverente, questioni che attengono alla dignità ed al diritto di cittadinanza dei soggetti LGBT+ – commenta a Gaypost.it Ottavia Voza, attivista trans e presidente di Arcigay Salerno, che ha pubblicato il video sul proprio profilo Facebook -. Ho un rispetto “religioso” per la libertà di espressione della satira, per carità (sono della generazione che ha riso sull’onda delle invenzioni irriverentissime e creative del “Il Male”). Dunque non mi sogno di dire a Grillo quel che può o non può dire“.
“O dovremmo passarci sopra perché “è un vecchio comico rincoglionito” – si chiede -, come mi hanno detto molti amici vicini al M5S?”.
“Il pubblico di Grillo riesce a ridere su questa roba (e questa è la cosa che personalmente mi ha colpita maggiormente) – osserva infine l’attivista -perché è facile utilizzare gli stereotipi grotteschi per ridurli a macchietta. Ma un comico potrebbe anche stimolare il pubblico, facendolo ridere comunque, a riflettere sulla condizione che vivono le persone trans. Ed invece è sottoposto in questo caso ad una mitragliata di beceri luoghi comuni nemmeno da bar dello sport, ma da covo di fascisti“.
Se non si trattasse di Grillo, questa sortita meriterebbe considerazioni diverse, forse: siamo pieni (purtroppo) di comici che per far ridere usano ancora i canoni comunicativi degli ani ’80, come se il tempo si fosse fermato ai tempi di “Amici miei”. Del resto, ce l’hanno dimostrato Luca e Paolo sul palco di Sanremo, con le loro battute da bar dello sport che non meritavano più attenzione dei 140 caratteri di un tweet.
Qual è il confine tra le battute triviali, buone solo a rievocare immaginari pruriginosi e discriminatori per fare ridere chi ha pagato il biglietto del suo spettacolo, e i principi che poi ispirano l’azione politica di un leader politico? E soprattutto, qual è il confine tra la libertà di espressione e il rispetto della dignità delle persone discriminate?
“Il riferimento alla presunta libertà di espressione, ricorda quello fatto da Diego Fusaro nel suo ultimo libro, a proposito della “ideologia gender” a cui risponde egregiamente Michela Murgia – conclude Ottavia Voza -. Questo episodio mostra, ancora una volta, l’urgenza di una legge di contrasto all’omotransfobia che definisca i limiti tra la libertà di espressione ed il rispetto della dignità dei cittadini che appartengono a categorie discriminate”.
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