«A guardare i vostri profili qui su Grindr, sembrate venuti fuori da “Antipatia gratuita“» si lamentava qualche giorno fa, nella sua bio, un utente riguardo la famosa app di incontri che tutti conosciamo. Sì, perché diciamocelo chiaramente, cari amici: per quanto sensibili, splendidi, circondati da persone meravigliose e con un lavoro fantastico, avviata sul nostro smartphone la maschera nera su sfondo giallo si ha questa tendenza a diventare gradevoli come il tocco di una medusa nell’unico giorno in cui ti sei concesso una vacanza al mare. In una spiaggia naturista, per altro. Ma vediamo perché.
Denuncia molto bene il disagio esistenziale del normale utente da chat gay la descrizione di F., che scrive a chiare lettere: «Commenti pieni di disprezzo verso i passivi (scritto dai bottom stessi, poi), verso gli effeminati, i vecchi, i cessi, i grassi e così via. Quanta intolleranza da queste parti… Casa Pound in confronto è Gardaland». Quella che potrebbe essere chiamata come “passivofobia” è una delle prime voci che risaltano nelle interazioni tra persone, sui social. Approccio abbastanza stupido, se vogliamo dirla tutta. Perché se dobbiamo fermarci al ruolo sessuale, va da sé che per ogni ragazzo attivo dovrà essercene almeno uno di tendenza opposta o la noia regnerà sovrana.
Qualcuno potrebbe giustamente obiettare “ma se sono tutte passive” (e si noti il femminile) “poi che gusto c’è?” e anche qui, basterebbe applicare un minimo di buon senso associato a quella cosa, sempre più rara ma niente affatto cara, che è il rispetto dell’altro. Tradotto in parole più semplici: se becchi una persona che ha le tue stesse preferenze, si può sempre essere bene educati e ringraziare cortesemente con un “mi spiace, ma cerco altro”. Cinque parole in tutto, pochi secondi impiegati per scriverle e la possibilità di fare copia e incolla senza sembrare il fratello odioso di Lord Voldemort. Tenendo sempre in considerazione il valore della versatilità, almeno come predisposizione mentale: che non vuol dire farsi violenza, ma la sessualità è qualcosa di più complesso di una dinamica “chiave/serratura”, nonostante vi abbiano fatto credere il contrario.
Per quanto riguarda le altre categorie, fermo restando che i gusti sono gusti, vale quanto già detto sopra: un “no grazie, non sono interessato” (sempre cinque parole) farà di voi persone quanto più vicine al concetto di civiltà e giustificherà quelle decine di migliaia d’anni che sono intercorse tra lo stato di ominide a quello di creatura senziente. Perché ok, sono perfettamente d’accordo: se vi piacciono i twink, gli ultracinquantenni non avranno molte speranze. Ma prima o poi, vi ricordo, arriverà il vostro turno e vi sveglierete in un mondo in cui, per qualcuno, sarete voi i “vecchi” della situazione. E credetemi, non sarà piacevole. Per cui fossi in voi, ci penserei due volte prima di fare gli stronzi con chi ha l’unica colpa di esser nato qualche anno prima. Perché, a meno che non abbiate in soffitta un quadro che invecchia al posto vostro, quel destino è lì pronto ad aspettarvi. Inesorabile.
E arriviamo agli MxM, che non è un numero romano scritto male, ma la sigla che indica il “maschio per maschio”, dicitura per cui se il tuo modello è Britney Spears ai tempi di One more time o se, di contro, non assomigli a un guerriero di Game of thrones pronto ad andare in battaglia, sembrerebbe che tu non abbia diritto a nessun tipo di felicità sessuale. Fermo restando che mi si dovrebbe spiegare perché sarebbe più rassicurante la prospettiva di ritrovarsi in casa il prototipo di chi passa la vita a grattarsi il pacco ruttando sonoramente davanti la TV, birra in mano, anche in tal caso va benissimo tendere all’ideale – tutti noi ne abbiamo uno – ma la molteplicità dell’essere è qualcosa che dovrebbe portarti ad adattarti alle situazioni in cui ci si ritrova. Se uno ti piace e poi dal vivo non è esattamente al 100% come tu lo vuoi, puoi pur sempre dargli un paio di chance su tutto il resto. E non certo per accontentarsi: si chiama, in altri termini, adattamento. Che fa il paio con l’evoluzione della specie. Quella cosa che, per capirci, ha fatto fuori i dinosauri.
Menzion d’onore, infine, per coloro che esordiscono con realizzazioni verbali quali “no photo no chat”. Adesso, capisco a stento la ragione per cui se il tuo alfabeto ti ha dato la “f”, tu debba sostituirla con il digramma “ph” – anche considerando il fatto che in alcuni casi abbiamo grossi problemi a gestire l’italiano, figuriamoci le lingue straniere – ma la cosa che lascia interdetti è vedere come nella stragrande maggioranza dei casi chi pretende certo rigore iconico ha poi, come immagine identificativa uno sfondo grigio, un corpo decapitato, piedi, tramonti, gattini, paesaggistica varia e nature morte come la logica che porta a questo tipo di pretese. Per non parlare di coloro a cui magari dai una pur minima credenziale, invii la foto del viso e ti rispondono col silenzio (e spero per loro che non credano al karma).
Perché ragazzi, diciamocelo chiaramente: ha ragione chi ha scritto, a suo tempo, che «de gustibus non est disputandum», ma non mi pare che subito dopo abbia dato libero sfogo all’essere sostanzialmente cafoni. La prima cosa che dovrebbe contare, anche quando pensiamo di farci solo una sana trombata, è avere a che fare con una persona per cui vale la pena perdere quel paio d’ore, fossero le uniche che pensi di dedicarle. Se dobbiamo pure perdere tempo a spiegare la differenza tra una clava e un concetto astratto, il problema è totale. E se dall’altra parte ci sono persone che non ti rispettano nemmeno per dedicarti il tempo di una frase di circostanza, a non dover avere libero accesso allo splendido mondo di tutti gli orgasmi possibili dovrebbero essere proprio queste ultime. Sarete d’accordo, spero.
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