Dopo l’approvazione del Senato di giovedì scorso, il DDL 1200/2019, il disegno di legge di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere (ribattezzato “codice rosso”) diventerà effettivo con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Ma cosa cambierà concretamente con questa nuova legge?
In questa breve guida, realizzata in collaborazione con lo studio di Avvocate “Wild Side – Human First”, analizzeremo la novità legislativa.
Le vittime di reati di maltrattamenti, violenza sessuale, stalking e lesioni aggravate commessi in contesti familiari (convivenza compresa) godranno di una corsia preferenziale.
In cosa consiste?
– La polizia è tenuta a comunicare immediatamente al Pubblico Ministero le notizie di reato a prescindere da una valutazione di urgenza;
– il Pubblico Ministero deve ascoltare la vittima entro 3 giorni dalla notizia di reato.
Il “codice rosso” prevede anche altre novità, ovvero:
– la vittima ha un anno di tempo, e non più sei mesi, per denunciare una violenza sessuale subita;
– in caso di condanna per reati sessuali, la sospensione condizionale della pena per quelli meno gravi si applica solo se lo stupratore compie un percorso di recupero;
– vengono inasprite le pene per i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, stalking;
– è istituita una nuova figura di reato per chi provoca la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti sul viso;
– viene istituito il nuovo reato di “revenge porn“, ovvero la diffusione di immagini intime altrui senza il consenso dell’interessato o dell’interessata;
– si introduce una nuova figura di reato per contrastare i matrimoni e le unioni civili “per coercizione”. Il reato è punibile anche se commesso all’estero ai danni di cittadini italiani o stranieri legalmente residenti in Italia;
– viene infine introdotta la formazione obbligatoria delle Forze dell’Ordine sul fronte della prevenzione e del perseguimento di questo tipo di reati.
Ma quali sono, dunque, i punti di forza di questa nuova legge?
– il valore simbolico dell’introduzione dell’obbligo per gli uffici della Procura di trattare in via prioritaria le denunce in materia di violenza domestica;
– l’unificazione dei procedimenti civile e penale quando la violenza domestica avviene in concomitanza con un giudizio di separazione. Se una donna vuole separarsi anche per motivi di violenza domestica i due procedimenti (civile e penale) diventeranno uno e la separazione, ad esempio, sarà addebitata al coniuge violento;
– l’inasprimento delle pene consentirà di avere periodi più lunghi di custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari durante l’attività di indagine, ciò a tutela delle persone offese;
– le norme sul revenge porn e sul matrimonio forzato colmano due vuoti legislativi gravi. E’ importante anche l’autonoma figura di reato dello sfregio al viso);
– il fondo “anti-ostaggio” da 2 milioni di euro per il 2019 che mira a sostenere economicamente le donne che denunciano, ma non vogliono andare in una casa rifugio. Questo strumento è positivo, ma va ovviamente potenziato e reso fruibile anche oltre il 2019).
La nuova legge però nasconde anche diversi aspetti negativi, eccone alcuni:
– il testo di legge è a “invarianza finanziaria”. Significa che non vengono stanziate le necessarie risorse. Se vogliamo davvero che i diritti non restino carta straccia, gli Uffici della Procura devono essere posti nelle condizioni di provvedere agli obblighi introdotti dal Codice Rosso. In caso contrario resterà solo propaganda. Il Codice Rosso non prevede risorse aggiuntive o ruoli chiave per i centri antiviolenza che oggi sono imprescindibili nella lotta alla violenza di genere. Si calcola, infatti che negli ultimi 30 anni hanno accolto oltre 21mila donne;
– come evidenziato dal CSM la rigidità del termine dei tre giorni dati al PM per sentire la persona offesa, può provocare una “vittimizzazione secondaria di tipo processuale”, scavalcando il tempo necessario di rielaborazione della vittima. Inoltre, il termine ristretto dei tre giorni, rischia di trovare impreparati gli Uffici della Procura, mentre si tratta di fatti delicati ed estremamente complessi da gestire. Sarebbe forse più opportuno focalizzarsi sul fatto che frequentemente i Pubblici Ministeri non adottano le opportune misure per allontanare e rendere inoffensivo l’indagato, anche qualora espressamente richieste;
– una delle lacune non colmate è la previsione dell’arresto in flagranza differita. Con questo istituto si potrebbe evitare che la donna, dopo la denuncia, per non incappare in sanguinose quanto mortali vendette dal suo aguzzino, sia costretta a trasferirsi altrove o chiedere accoglienza in una casa rifugio. E’ il maltrattante a dover subire limitazioni alla libertà, non la vittima;
– l’obiettivo principale è sempre la prevenzione, ancora prima dell’inasprimento delle sanzioni. Nel disegno di legge non si affronta la cosiddetta “Educazione sentimentale”. Insegnare fin dalle scuole una cultura del rispetto e della parità di trattamento, nonché la decostruzione dello stereotipo della “donna è mia” è la strada maestra.
– infine un aspetto a nostro avviso molto grave. Le vittime di revenge porn non godono della corsia preferenziale dei tre giorni: trattasi di un’esclusione di tutela decisamente arbitraria e preoccupante.
Adesso non resterà che valutare sul campo la portata di questo nuovo provvedimento legislativo, sperando che serva a interrompere l’escalation di femminicidi cui assistiamo nel nostro Paese.
Avv. Chiara Solmi (Gay Lex / Wild Side)
(nella foto di copertina, la ministra Giulia Bongiorno autrice della legge)
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