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Le guide di Gay Lex, madre e padre sui documenti: la crociata di Salvini è destinata a fallire

Una settimana fa il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha rilasciato alle agenzie una dichiarazione del seguente tenore: “Dopo il via libera del ministero della Pubblica amministrazione, è arrivato quello del Mef: sulla carta di identità elettronica dei minorenni ci sarà lo spazio per indicare madre e padre, anziché l’espressione generica “genitori”. Ora manca il parere del Garante della privacy, e poi — sentita la conferenza Stato-città — potrò firmare il decreto. Dalle parole ai fatti!”.
E’ evidente che, quello di Salvini, è l’ennesimo attacco ideologico alle famiglie omogenitoriali, ma cerchiamo di capire perché questo sia un attacco doppiamente scorretto.

Nn si possono cancellare le famiglie omogenitoriali con un decreto

Il tentativo di Salvini di “cancellare” dai documenti le famiglie omogenitoriali con due mamme o due papà, facendo sparire la definizione “genitori” è destinato a fallire.
Già alcune questure e alcuni comuni, a seguito dei quotidiani proclami del Ministro, stanno iniziando a creare dei problemi nel rilascio di passaporti e carte di identità con la doppia maternità o la doppia paternità, ma questo non farà altro che costringere le centinaia di famiglie a fare ricorso contro questi evidenti illeciti.
E’ incredibile, infatti, che a seguito di un riconoscimento della genitorialità operato da pubblici ufficiali (i Sindaci), il Ministero decida di bloccare il rilascio di documenti che attestano quanto già riconosciuto in via amministrativa (invece che eventualmente sollecitare la promozione di ricorsi in Tribunale).

Lo stato di diritto

Ancora più incredibile e grave, poi, sarebbe il caso in cui il documento con la doppia genitorialità venisse negato quando la seconda maternità o paternità è stata riconosciuta dai Giudici con una sentenza passata in giudicato. E’ il caso delle stepchild adoption, ad esempio, o di Bologna di poche settimane fa. Verrebbe infatti meno uno dei principi cardine del nostro ordinamento: quello dello “Stato di diritto”.
E sempre a proposito di principi cardini del nostro ordinamento, il fatto che un semplice Decreto Ministeriale possa in qualche modo essere fonte del diritto superiore all’interpretazione della Costituzione sul tema data dalla Corte di Cassazione appare surreale.

Contro la Costituzione

Nella famosissima sentenza della Cassazione 19599 del 2016, infatti, la Suprema Corte esplicitamente ci dice che “deve escludersi che esista, a livello costituzionale, un divieto per le coppie dello stesso sesso di accogliere e anche di generare figli”. Anzi, in questa importante decisione, i Giudici ci spiegano come l’interesse superiore del minore a veder riconosciuta la sua identità, anche familiare, sia da considerarsi un diritto costituzionalmente tutelato.
Qualunque decreto ministeriale che dunque “cancelli” l’identità familiare di un minore andrebbe contro principi costituzionalmente tutelati.

L’usi inclusivo di “genitori”

In coda, peraltro, va segnalata la seconda questione, che non è di poco conto.
Nella sua crociata contro le famiglie omogenitoriali il Ministro dell’Interno dimentica anche che la scelta di utilizzare la dizione più inclusiva di “genitori” non è utile e opportuna solo per tutelare situazioni familiari come quelle relative alle famiglie omogenitoriali.
Ci sono molti minori, infatti, che un padre e una madre non li hanno, o non hanno genitori che esercitano la potestà genitoriale, e questo per i motivi più disparati.
L’utilizzo di una parola più generica e inclusiva come “genitori”, dunque, aiuta a indicare nel documento di identità la persona o le persone che hanno la potestà genitoriale sul minore, indipendentemente dal legame di parentela e filiazione con esso.
Indicare “genitori” è dunque nell’interesse di tutti i minori e a tutela della privacy di coloro che hanno necessità di un’attenzione maggiore da parte delle istituzioni.
Per questo motivo ci auguriamo che il Garante sulla privacy bocci senza mezzi termini questa proposta, diversamente dovremo prepararci ad una nuova, ulteriore battaglia (che ci eviteremmo volentieri) nelle aule dei tribunali!

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