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Hiv: 15 mila persone in Italia l’hanno contratto e non lo sanno

L’1 dicembre, Giornata Mondiale della lotta contro l’Aids, si avvicina e a Roma, presso il ministero della Salute si è tenuto il primo di tre incontri intitolati “Hiv, presente e futuro del paziente cronico”. Tra gli argomenti trattati l’approccio, il progresso e le prevenzione nella lotta all’infezione. Soprattutto tra i più giovani.
All’incontro, promosso da Simit, presenti alcuni dei principali decisori politici: dal viceministro della Salute Pierpaolo Sileri ad alcuni dei membri della 12a Commissione Igiene e Sanità del Senato, fra cui Paola Binetti, Maria Domenica Castellone, Michelina Lunesu, Gaspare Marinello. A sedere al tavolo dei relatori i maggiori clinici a livello nazionale: Massimo Galli, presidente Simit-Unimi Sacco, Milano, Andrea Antinori, Istituto Lazzaro Spallanzani, Roma, Adriano Lazzarin, ospedale San Raffaele, Milano

MOSAICO, UNO STUDIO INTERNAZIONALE

Protagonista dell’incontro è stato uno studio con passaporto metà statunitense e metà europeo: Mosaico. Realizzato da Janssen, il gruppo farmaceutico di Johnson&Johnson, in partnership pubblico-privato sta aspettando l’autorizzazione per il passaggio allo studio clinico, come riporta l’agenzia Dire. Prevede un regime vaccinale a “mosaico”, appunto, sviluppato per fornire copertura e prevenzione dell’infezione da un’ampia varietà di ceppi virali.

«La prova della sua efficacia – spiega Adriano Lazzarin, ospedale San Raffaele di Milano – la potremmo avere a studio concluso. La variabilità dei processi di risposta immune innescati da Hiv (linfociti B, linfociti T, cellulare accessorie) nel singolo individuo lasciano purtroppo margini di imprevedibilità, e questo trial sarà una buona opportunità per conoscerli meglio».

38 mila persone in 55 centri

Lo uno studio clinico interventistico internazionale prevede l’arruolamento di 3800 persone in 55 centri sparsi su otto paesi in tre continenti. L’inizio è previsto in queste settimane negli Stati Uniti, mentre in Italia si aspetta l’ok dalle autorità competenti, ministero della Salute e Aifa su tutti. L’obiettivo è quello di studiare un regime vaccinale che preveda quattro somministrazioni nell’arco temporale di un anno.
«Un vaccino contro l’infezione da Hiv potrebbe infatti contribuire a porre fine all’epidemia entro il 2030, come auspicato dalle Nazioni Unite tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile adottati all’unanimità dagli Stati Membri nel 2015», spiega Massimo Scaccabarozzi di Jenssen.

LE DIAGNOSI A INFEZIONE DA HIV AVANZATA

Secondo i dati riportati dall’agenzia stampa Dire, negli ultimi sette anni il numero di nuove infezioni è rimasto stabile. La prevalenza di trasmissioni avviene per via sessuale, sia tra persone di sesso diverso sia tra persone dello stesso sesso. Più della metà delle nuove diagnosi, però, avviene in condizioni avanzate dell’infezione o addirittura quando compaiono i primi sintomi o manifestazioni cliniche legate alla malattia conclamata.
Si stima che in Italia le persone infette dal virus dell’Hiv senza saperlo potrebbero essere 15 mila.

«Ai fini della prevenzione – sottolinea Galli, presidente Simit-Unimi Sacco- va tenuto conto che i giovani, anche quelli che appartengono alle cosiddette popolazioni chiave, ove il rischio di infettarsi è maggiore, come i giovani maschi che fanno sesso con maschi-Msm, hanno poca o nessuna esperienza di malattia, propria o altrui, non hanno visto in presa diretta la malattia negli anni bui, funestati da migliaia di decessi, e hanno una percezione molto bassa della gravità potenziale dell’Hiv. Nei giovani Msm l’informazione Hiv può anche essere alta, ma spesso deriva tutta da forum in internet e non costituisce sempre un ostacolo a comportamenti a rischio».

 

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