La provincia è il luogo dove c’è più bisogno di lotta. Specialmente di quella che si tinge d’arcobaleno. Perché può essere un po’ più semplice o anche molto comodo, a seconda delle singole esperienze, vivere da persona Lgbt+ nei grandi centri, che spesso diventano luogo di rifugio per moltissime persone – per lo più giovani – che fuggono dai selvaggi borghi natii per avere una migliore qualità della vita. Ma è lì, in quei borghi – forse non così selvaggi, ma di certo problematici – che bisogna andare. Per fare la differenza. E per offrire una prospettiva. E va in questa direzione il lavoro fatto dalle associazioni locali nel ragusano, che in quest’angolo di fine estate si stanno attivando per proseguire l’impresa, molto felice, del Ragusa Pride.
Previsti, infatti, diversi appuntamenti e proprio tra capoluogo e provincia: si comincia stasera con il Summer Global Pride Party, al The Globe di Ragusa. Una festa per la prima proiezione ufficiale del video sul pride ibleo realizzato da Antonella Pulvirenti. Tale evento è organizzato dal comitato territoriale del pride e vede unite tutte le realtà che hanno organizzato la parata del 25 giugno a Marina di Ragusa. A seguire, il 26 a Villa Penna, a Scicli, si potrà assistere invece alla proiezione del documentario La mamma dei femminielli – Loredana contro la transfobia, della regia di Giulia Ottaviano, a cura del comitato territoriale di Arcigay.
Il video parla della vita e della parabola politica di Loredana Rossi, attivista transgender napoletana. E come si legge nella scheda di presentazione del film, «ha lottato per tutta la vita: prima come prostituta, oggi come assistente sociale e “madre” dei Femminielli di Napoli». E oggi, all’età di 60 anni, non ha intenzione di smette o di rallentare il suo percorso nell’attivismo politico. «Per ventuno anni ha lottato per strada. Per molto tempo, questa è stata la sua unica possibilità di sopravvivere e di essere percepita come una donna. Oggi difende la prossima generazione di transessuali a Napoli».
È cruciale l’attivismo Lgbt+ nella provincia. È qualcosa di cui attivisti e attiviste che operano in loco hanno ben chiaro. «La parata del Ragusa Pride si è conclusa a piazza Malta con la presenza di istituzioni, associazioni e di molta gente. A un certo punto, in mezzo a tutta quella gente, ho assistito a un momento molto commovente» dichiara a Gaypost.it Elvira Adamo, vicepresidente Agedo Ragusa e attivista per i diritti Lgbt+. «Due ragazze si sono prima tenute per mano, poi si sono date un bacio. Ho intercettato il loro gesto d’affetto e loro, accorgendosene, mi hanno sorriso». Quindi le due ragazze si sono confidate con l’attivista: «Noi non ci baciamo mai per strada. Stasera si può». E Adamo dice ancora: «Il mio pensiero è stato che questi baci dovrebbero essere sempre possibili, in qualsiasi momento, senza rischiare violenze e insulti. La parata del 25 giugno ha concesso a queste ragazze un momento di libertà per dichiarare il loro amore. E questo per me è stato molto commovente».
«A distanza dal primo World Pride di Roma, nel 2000, anche a Ragusa è arrivata la marcia dell’orgoglio, dopo più di vent’anni. Ciò dimostra che anche nella nostra provincia c’è una comunità che ha bisogno di queste manifestazioni. Una comunità che va invogliata a venir fuori» continua Elvira Adamo. «Fare attivismo è accendere una luce. Fare attivismo in provincia, nella nostra provincia, è accendere tante piccole luci necessarie a non far venire sonno» le fa eco Andrea Ragusa, presidente locale di Arcigay. «Il sonno sui diritti, sulla coscienza di ciò che siamo, di ciò che ci spetta come diritto e non come elargizione».
«Esiste una società che ci vorrebbe addormentati, una classe politica che ci vorrebbe quasi in coma, cosicché possano riempirsi la bocca di parole come diritti ed uguaglianza senza sapere di cosa si parli» continua ancora l’attivista. E su questo punto ha le idee ben chiare: «Non si può non fare attivismo. Anzi: non si può non essere attivisti. Fare attivismo allora oltre ad essere necessario è imprescindibile per non far addormentare una società già troppo flessa su se stessa. Fare attivismo è prendere un caffè per rimanere svegli e lasciare la luce accesa!»
«Ragusa è una città difficile ma per certi versi anche curiosa, nella dovuta distinzione tra una Ragusa che sostiene i cambiamenti e l’altra che li contrasta» dichiara l’associazione Katastolè Prospettive a Gaypost.it. «Noi abbiamo lavorato e lavoreremo per agganciare la parte aperta, attiva, che non ha risparmiato la presenza e la partecipazione a tutti gli appuntamenti del Ragusa Pride. Il pride a Ragusa è importante perché “normalizza” ciò che in altri luoghi lo è già da tempo. Perché sblocca le resistenze. Perché rende visibile una realtà che spesso è rimasta nascosta dietro i tabù, i pregiudizi e i luoghi comuni». Tutto questo, insomma, sta accadendo nel ragusano. Dove si vuole creare una comunità forte e impegnata. Dove si vuole richiamare la società civile, tutta, alle sue responsabilità.
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