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Irlanda, continua l’orrore: le testimonianze delle vittime delle “mother and baby homes” gestite dalle suore

Si susseguono in Irlanda le reazioni alla scoperta dei resti umani di bambini ritrovati nei sotterranei di quella che fu la casa di “accoglienza” per ragazze madri di Tuam, gestita dalla suore del Bon Secours.

E continuano ad emergere le testimonianze delle madri e dei bambini che in passato sono stati ospiti, loro malgrado, delle Mother and Baby homes, le strutture gestite da ordini religiosi ma finanziate dallo stato irlandese, in cui fino agli anni ‘90 le madri single erano costrette dalle proprie stesse famiglie di origine a partorire in segreto per fuggire allo stigma sociale di una gravidanza al di fuori del matrimonio.

I sopravvissuti all’orrore delle case

I sopravvissuti delle Mother and Baby homes, i loro parenti e diversi esponenti della società civile e del mondo politico hanno chiesto che le indagini vadano avanti, che sia fatto il possibile per dissotterrare e identificare i resti dei bambini e che siano messe sotto inchiesta tutte le case che si trovavano anche nelle altre contee.

Intanto sui media irlandesi le testimonianze degli ex bambini nati delle baby homes e delle madri che vi hanno partorito – rimaste inascoltate per decenni – continuano ad avere nuovo risalto.

Le terribili testimonianze

“Avveniva tutto in una stanza del convento”. Ha raccontato Deirdre Wadding a The Journal.ie. “Ho partorito il mio primo figlio su un tavolo di metallo. Mi hanno indotto il parto, all’età di 18 anni al solo scopo di velocizzare la procedura e rimandarmi a casa nel più breve tempo possibile perché i vicini non si accorgessero di cosa ero venuta a fare. Per questo motivo ho avuto un parto molto duro. È stato usato il forcipe, la ventosa e ho subito una grave episiotomia (una incisione vulvo-vaginale, ndr). Ho avuto una grave emorragia. E non ho potuto alzarmi per tre giorni. Ho visto per la prima volta mio figlio il giorno stesso in cui ho dovuto abbandonarlo.

È stato estremamente traumatico e questa cosa mi ha perseguitata per anni. Anche oggi che finalmente ci siamo ritrovati. Siamo state punite per un reato che non esisteva, il fatto di essere un essere umano sessualmente attivo, e per questo ci è stata data una sentenza a vita: essere private dei nostri figli”.

“Avrei voluto chiamare mio figlio William, come mio padre e come mio nonno – ha raccontato Bridget alla radio di Stato, la RTE, – ma le suore mi hanno costretto a chiamarlo Gerard. ‘Così sarà più facile darlo a una famiglia cattolica’ mi hanno detto. Tre giorni dopo il parto mio figlio si è ammalato. Sono convinta che avrebbero potuto salvarlo, ma lo hanno lasciato morire”.

Il mea culpa del premier a tutti gli irlandesi

“Abbiamo seppellito la nostra compassione, la nostra umanità e la nostra pietà” ha affermato il primo ministro irlandese Enda Kenny nel corso di un question time svoltosi al parlamento martedì scorso, e ha proseguito descrivendo la fossa comune rinvenuta a Tuam come una “camera degli orrori”.

È una vera e propria chiamata di correo per il popolo irlandese quella di Kenny:

“Tuam non è solo un luogo di sepoltura, è una tomba sociale e culturale. Ecco cos’è. Come società, nei ‘bei vecchi tempi’ non abbiamo solo nascosto i cadaveri di questi piccoli esseri umani. Abbiamo scavato ancora più a fondo per sotterrare la nostra compassione, la nostra pietà e la nostra stessa umanità. Nessuna suora ha fatto irruzione nelle nostre case per rapire i nostri figli. Li abbiamo consegnati noi a quella che ci siamo convinti che fosse la cura delle suore. Glieli abbiamo consegnati noi, magari per risparmiarci la cattiveria del pettegolezzo, le occhiate e il darsi di gomito, pratica in cui eccellevano particolarmente i più timorati“.

Il premier Enda Kenny

In nome della rispettabilità

“Glieli abbiamo consegnati noi a causa della nostra relazione debole e perversa con la cosiddetta rispettabilità. Infatti, per un certo periodo di tempo pare quasi che in Irlanda le donne avessero la straordinaria capacità di autoingravidarsi. Abbiamo preso i loro bambini e li abbiamo regalati, venduti, trafficati, affamati, maltrattati o ne abbiamo negato perfino l’esistenza al punto da arrivare alla loro sparizione dai nostri cuori, dalla nostra vista, dal nostro paese e, nel caso di Tuam e possibilmente di altri posti, perfino dalla vita stessa.

Siamo tutti sotto shock adesso. Se si è potuto gettare via il frutto della trasgressione religiosa e sociale, quale trattamento è stato riservato all’artefice stessa della trasgressione? Faremmo meglio ad affrontare la questione adesso, perché se non lo facciamo, qualche altro Taoiseach (Primo Ministro ndr) si ritroverà qui al mio posto tra 20 anni a dover dichiarare ‘se solo lo avessimo saputo allora e se solo avessimo fatto qualcosa’.
Quell’allora è il nostro presente. Adesso sappiamo. Adesso dobbiamo agire. Tutti noi in questa camera dobbiamo farlo insieme”.

La grande assente: la Chiesa Cattolica

Nell’accorato appello all’autoriflessione fatto da Enda Kenny alla società irlandese, però, non c’è traccia del grande assente nel dibattito sulle Baby Homes. La chiesa cattolica.

Lo ha sottolineato dai banchi dell’opposizione la deputata di AAA People Before Profit Brid Smith: “Sono stanca di sentire dire che siamo tutti colpevoli per Tuam. Si è trattato di un sistema di abuso sistematico in cui lo Stato e la Chiesa lavoravano assieme”.
E ha proseguito accusando il Ministro delle Finanze Michael Noonan che nei giorni scorsi ha inaugurato un nuovo ospedale gestito proprio dalle suore del Bon Secours.

La deputata Brid Smith

“L’ordine è il più grande ente sanitario privato del paese. Se vogliamo affrontare seriamente questa questione e mettercela alle spalle, deve essere smantellato e cancellato dalla storia del nostro paese. L’abuso ai danni di donne e bambini non si è fermato. Quando arriverà il momento in cui la Chiesa pagherà il conto? Fateli uscire dalle nostre vite, dai nostri letti, dalle nostre scuole”.

La questione dell’aborto

Smith ha anche chiesto delucidazioni a Kenny in merito alla propria proposta di ridurre la pena per le donne che abortiscono da 14 anni di detenzione ad un euro di multa.
Kenny, però non è sembrato particolarmente desideroso di ingaggiare una battaglia contro le gerarchie cattoliche irlandesi. Ha ribadito che gli ospedali del Bon Secours forniscono assistenza a migliaia di pazienti che ne hanno bisogno. E che per quanto riguarda la situazione di Tuam saranno entità indipendenti come la commissione governativa d’inchiesta, la Garda (la polizia irlandese) e il Coroner a dovere decidere come procedere.

Rispondendo a Brid sulla sua proposta di legge, Kenny ha replicato che non si può cambiare con legge ordinaria quanto stabilito dalla Costituzione irlandese (con riferimento all’ottavo emendamento che rende incostituzionale l’aborto). Ha anche affermato – tra il mormorio dei banchi dell’opposizione – che approvare la proposta della deputata significherebbe che, per esempio, se qualcuno prendesse a calci la propria compagna facendola abortire subirebbe solo una multa di un euro.

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