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Le storie dei migranti LGBT raccontate in “Diversità multiple”

Li chiamano generalmente “migranti”, ma hanno un volto, un nome, una storia e anche un orientamento sessuale e un’identità di genere. Eppure, spesso, si parla di loro come di un’unica categoria, in modo generico. Non sono messi in condizione di raccontare il loro viaggio, i motivi che li hanno spinti a lasciare le loro case e abbandonare le loro vite. E quello di cui si parla ancora meno sono le discriminazioni di genere che hanno subito o che affrontano arrivando in un altro Paese. Perché la paura di nuove discriminazioni, di violenze e di isolamento li pone in uno status di reticenza e di rifiuto della propria identità.

Diversità Multiple

Proprio per questo è nato il progetto “Diversità Multiple”, realizzato dal Comitato Nazionale e dal Comitato di Roma Area Metropolitana della Croce Rossa Italiana con il supporto dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar).
Un viaggio, portato avanti da una squadra di lavoro – psicologi e sociologi – che ha fatto emergere storie di profonda solitudine e particolare vulnerabilità, spesso taciute, che aggravano la condizione di esclusione sociale di chi le racconta come proprio vissuto.

La storia di Felix

Storie tirate fuori, con molta pazienza e comprensione, attraverso questionari multilingua. Racconti come quello di Felix, fuggito dal Camerun per evitare la pena di morte a causa della propria omosessualità. “Quando ho lasciato il mio Paese volevo uccidermi – racconta -, poi sono arrivato in Italia e ho trovato tante persone che mi hanno aiutato, dandomi coraggio e fiducia. Ora sogno soltanto una vita normale, come tutte le persone”.

“Fenomeno troppo poco conosciuto”

Il lavoro è stato illustrato stamattina al Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo (Maxxi) di Roma. “Il progetto ha permesso di far luce su un fenomeno ancora troppo poco conosciuto, ma diffuso tra le persone che, al di là del loro status giuridico di richiedenti asilo, vivono nel nostro Paese”, ha spiegato il presidente nazionale della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca. “Un insieme di fragilità che ci permette non solo di cogliere le nuove frontiere della ricerca sociale, ma anche di rispondere a tutti quei nuovi bisogni che la popolazione più vulnerabile esprime. Un insieme di dati che restituisce il senso di esistenze spesso appese a domande che non hanno né ascolto né risposte”

I dati

Secondo l’ultimo report dell’International Lesbian, Gay, Bisexual and Trans and Intersex association (ILGA), nel mondo sono 75 gli stati che criminalizzano l’omosessualità. In 13 paesi – tra cui Mauritania, Arabia Saudita e Yemen – è prevista la pena di morte; in 14 essere gay può condurre all’ergastolo e in altre nazioni fino a 15 anni di prigione, come in Angola, Kenya e Marocco. In 17 stati, infine, sono state promosse leggi che limitano fortemente l’espressione dell’orientamento sessuale.
La Convenzione di Ginevra sui rifugiati riconosce la protezione internazionale per coloro che sono perseguitati per motivi legati all’orientamento sessuale o all’identità di genere, siano essi vittime di violenza e violazioni della propria libertà da parte delle autorità o di soggetti non istituzionali.
“Partire da una stima diventa un passo importante e necessario per strutturare in un secondo tempo un’offerta di interventi” afferma la Croce Rossa Italiana “di sostegno alle problematiche emergenti e di servizi di assistenza e protezione adeguati all’esigenza della persona, attorno cui costruire una rete sociale di supporto che lavori in sinergia con le nuove esperienze e le buone prassi che a livello europeo e nazionale stanno iniziando a dare nuove risposte a questo bisogno”

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