L’associazione ”Shams – per la depenalizzazione dell’omosessualità in Tunisia”, potrà continuare a esercitare le proprie attività nel Paese nordafricano in piena legalità.
E’ la stessa associazione infatti ad annunciare la decisione della Corte d’Appello di Tunisi di convalidare il provvedimento del Tribunale del 23 febbraio 2016 che ne autorizzava l’attività e respingere il ricorso del governo tunisino secondo il quale Shams violerebbe le norme della legge sulle associazioni e “i valori islamici della società tunisina, che rigetta l’omosessualità e ne proibisce un tale comportamento estraneo”. Tra gli obiettivi di Shams, revocare l’articolo 230 del codice penale tunisino, ovvero una legge coloniale francese che criminalizza l’omosessualità con pene fino a tre anni di carcere.
Già nel 2016 il governo tunisino aveva intentato una causa per sospendere definitivamente le attività di Shams, non riuscendoci. A fine aprile, come raccontato su GayPost, il governo aveva fatto appello alla sharia, la legge islamica, per far chiudere Shams. La settimana scorsa l’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani (Unhchr) aveva inviato una missiva al governo tunisino esprimendo la propria preoccupazione per il tentativo di chiudere l’associazione Shams, stimando che ciò avrebbe costituito una minaccia ai valori universali dei diritti umani e alla Convenzione internazionale relativa ai diritti civili e politici (Pdicp), ratificata dalla Tunisia il 18 marzo 1969.
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