Dopo la prima edizione bolognese dello scorso febbraio, Lesbicx replica a Torino: dal sei all’otto dicembre, infatti, diverse soggettività lesbiche si sono date appuntamento per parlare, appunto, di lesbiche. E per farlo a 360 gradi, lasciando fuori dalla porta distinzioni tra lesbiche di serie a e lesbiche di serie b che alcune associazioni nazionali radfem stanno portando avanti da diversi anni.
Una due giorni per parlare di lesbiche senza pregiudizi che ci siamo fatti raccontare direttamente da una delle sue organizzatrici, Paola Guazzo.
«I gangli tematici di Lesbicx sono tanti e molto articolati. Conta anche la dinamica aperta e non associazionistica con cui abbiamo cominciato a muoverci. Non c’è una “bandiera” Lesbicx, portiamo innanzitutto noi stesse. Il modo con cui abbiamo agito parte da un dialogo costante in rete e nei luoghi concreti, al di là delle appartenenze più o meno forti di ognuna al reticolo associazionistico lgbt o femminista o transfemminista. Non intendiamo cambiare modalità perché questo fare insieme è anche un nostro approccio ai temi e ai problemi», racconta Paola Guazzo.
Lesbicx ha deciso di utilizzare la desinenza “x” al posto delle tradizionali desinenze maschili, femminili o neutre. Una scelta, questa, iniziata con la prima edizione e che oltre a esserne divenuta simbolo, Paola Guazzo rivendica: «X è incrocio, ma soprattutto segno di un percorso. Di questo siamo coscienti e responsabili, sia nei termini di un costante approfondimento e studio, sia in termini di pratica politica quotidiana. La pratica delle nostre relazioni e del nostro fare insieme può risentire inevitabilmente di dinamiche interpersonali intossicanti e di giochi di potere che non sempre favoriscono prospettive luminose per un processo di soggettivazione politica Lesbicx. Ci conforta il fatto di avere fra noi qualche lesbica saggia, nonché una certa predisposizione testarda alla ricomposizione della X. In questo si parerà la nostra nobiltà: sovvertire, per quanto possibile e oltre, le miserie alle quali una certa politica lesbica mainstream ci ha purtroppo fatto assuefatte per anni».
Su una cosa Paola Guazzo è certa: «Pensiamo che una buona politica lesbica futura possa cominciare dal fare insieme in rete. Un crowdfunding e una playlist su YouTube creano aggregazione e senso di comunità ben più di mille dissertazioni ex cathedra sul sesso degli angeli o sulle radfem».
Se la X è un incrocio allora Lesbicx significa «Incrociarsi e partecipare è potenza viva del divenire. Noi crediamo nella costruzione progressiva di un nuovo lesbismo dove la fiducia reciproca e, oseremmo dire, l’amore non siano lettera morta o di comodo ma si costruiscano ogni giorno senza dispersioni o insensati e deprimenti verticismi. Crediamo sia il tempo in cui chi si è allontanata torni a far politica lesbica e ad essere protagonista del proprio desiderio. Crediamo sia il tempo che chi non ha conosciuto la nostra storia cominci ad apprenderla senza traumi autoritari, ma con rispetto e ascolto intergenerazionale reciproco».
«Non esiste sapere senza storia, non può esistere sapere senza trasmissione», conclude Guazzo.
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