Abbiamo già detto che i giochi olimpici di quest’anno sono i più rainbow di sempre, con ben 121 rappresentanti Lgbt. In mezzo a questa nutrita delegazione arcobaleno, è tornato alla ribalta Victor Gutierrez, pallanuotista per la nazionale spagnola, nonché attivista per i diritti civili. Il nuotatore si distingue non solo per le performance sportive, ma per l’esempio che riesce a portare a milioni di giovani in tutto il mondo.
Classe 1991, ha fatto coming out nel 2016, rilasciando un’intervista alla rivista Shangay Express. «Era da tempo che pensavo di farlo, ma non mi vedevo con la necessaria maturità, né sportiva né personale» aveva dichiarato, allora. «Sono fuori dall’armadio, nel mio ambiente. La mia famiglia sa che sono gay, così anche i miei amici. E sto vivendo la mia sessualità in modo così positivo che ho sentito la responsabilità di condividerla con gli altri». Un esempio di visibilità che può fare la differenza, nel mondo dello sport e non solo.
Victor Gutierrez coniuga la carriera da pallanuotista all’attivismo per i diritti delle persone Lgbt+. Ha ricevuto diversi premi, per il suo volontariato, come l’Alan Turing Awards o il premio, assegnato da Madrid Diversa, per la visibilità nello sport. E proprio in questo ambito, nel 2019, per lanciare un messaggio contro l’omofobia ha posato per uno scatto in cui bacia il collega Carlos Peralta Gallego.
Più recentemente, su Instagram, ha denunciato un attacco omofobico ai suoi danni. «Un giocatore del Club Natació Sabadell mi ha chiamato “maricón” durante e dopo la partita» ha dichiarato, in un video. Maricón, lo ricordiamo, è il corrispettivo spagnolo per “frocio”. «Sono molto orgoglioso di essere come sono, ma oggi sono stato colpito dal fatto che un collega di professione abbia voluto farmi del male là fuori». L’insulto nel campo da gioco, laddove la competizione sportiva dovrebbe affratellare. E invece… «Maricón non è un insulto. Le mie lacrime sono di rabbia e di impotenza. Rabbia e impotenza che questo avvenga nelle piscine, nei campi da calcio, nei campi da tennis. E che ne soffriamo noi professionisti, ma anche i bambini».
Riportiamo questa storia perché ci sembra esemplare. Un giovane uomo utilizza la sua popolarità per trasformarla in visibilità. E quindi in un atto politico. In un mondo, come quello dello sport, in cui non è semplice fare coming out. E in cui l’omofobia è ancora a livelli molto elevati, soprattutto in alcune discipline. La storia di Victor Gutierrez è positiva per due ragioni: ci dimostra che si può essere campioni di altissimo profilo senza doversi nascondere. E facendo qualcosa per la propria comunità. Ciò manda un messaggio a milioni di adolescenti. Aiutando le persone più fragili a capire che l’omosessualità non è un vulnus identitario, ma una parte della nostra identità. Da riconoscere e da vivere, nella massima serenità.
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