Le associazioni Lgbt italiane – nazionali e locali – si esprimono sul tavolo permanente di confronto per avviare politiche di contrasto alle discriminazioni voluto dal sottosegretario pentastellato Vincenzo Spadafora. Il documento fa il punto della situazione sullo stato della politica italiana e, in relazione ad essa, si chiede quali siano le reali prospettive di agibilità politica del progetto voluto dall’esponente del “governo del cambiamento”.
«Sicuramente è positiva l’intenzione annunciata di avviare politiche di contrasto alla discriminazione per orientamento sessuale o identità di genere a partire dai luoghi di lavoro» si legge nel comunicato, ma «è opportuno, tuttavia, ricordare al governo che tutte le discriminazioni prosperano se politica e istituzioni danno spazio e sponde». Le scelte del governo e dei partiti che lo compongono pesano infatti come macigni.
«Il clima ostile nei confronti delle persone Lgbt+, va di pari passo con gli attacchi alle libertà della donna, come dimostra il disegno di legge Pillon» denunciano le associazioni, ricordando come su anche altri temi, quali l’affido dei bambini in caso di divorzio e «i diritti dei migranti, come dimostra il varo del decreto sicurezza e il vergognoso sgombero del centro Baobab a Roma» rendono poco credibile l’azione di Spadafora. E pone un problema politico non indifferente: se rimanere o meno ancora a quel tavolo.
Parimenti, non è andata giù l’elezione «alla presidenza della commissione diritti umani al Senato Stefania Pucciarelli, che invoca ruspe contro i migranti e si dice favorevole alla “famiglia naturale e tradizionale”, quella composta da un uomo e una donna, l’unica possibile secondo lei». Ancora preoccupazioni desta la nomina di Pillon alla commissione bicamerale infanzia e adolescenza, «da dove potrà continuare a insultare le famiglie arcobaleno e a ignorare il bullismo omofobico nelle scuole come ha sempre fatto».
«Come movimento LGBT+ italiano siamo impegnati a difendere i diritti delle minoranze e siamo a fianco di chi si batte per un Paese laico, multietnico, femminista» si legge ancora, per cui «se questo tavolo può influire nei fatti alle posizioni di governo e maggioranza su questi temi ben venga, se deve essere un paravento a nascondere la deriva autoritaria in atto meglio sospendere il confronto». La motivazione è lapidaria: «Il confronto, quando è possibile, va avviato su basi completamente diverse».
Una bocciatura della scellerata politica del governo, insomma. Politica che deve andare in direzione contraria, secondo le associazioni, dal ritiro del ddl Pillon alla revoca del decreto sicurezza. Dalla creazione di una seria politica contro l’omo-transfobia a una netta presa di distanza dalle esternazioni di Fontana. Perché proseguire su questo doppio binario che vede scelte istituzionali discriminatorie e razziste insieme a tentativi di dialogo con il movimento Lgbt «è un controsenso nella migliore delle ipotesi, nella peggiore un lavarsi la coscienza a poco prezzo. Operazione a cui noi non ci prestiamo» fanno sapere le associazioni.
Parallelamente, al dibattito si unisce Il Grande Colibrì che ha chiamato all’appello le associazioni per discutere proprio del tavolo di Spadafora. «Le azioni proposte sono senz’altro positive» si legge in una lettera aperta, ma nel segno della coerenza politica «crediamo che le associazioni Lgbtqia debbano presentarsi unite con una serie di richieste precise e inderogabili, che tengano conto della necessità di difendere i diritti delle persone Lgbtqia» oltre quelli delle altre minoranze «anche e soprattutto dall’azione fortemente ostile del governo attualmente in carica».
Il Grande Colibrì chiede «un chiarimento sulla natura del tavolo» e torna sull’ambiguità della figura del sottosegretario. Ci si chiede chi rappresenta in realtà Spadafora, «se rappresenta il governo (come sembra suggerire quando sottolinea l’ufficialità dell’istituzione e della sede del Tavolo Lgbt)», se «il MoVimento 5 Stelle (come sembra suggerire quando presenta le azioni come praticamente in contrapposizione con le posizioni della Lega)» o se «solo solo sé stesso» come lascia trasparire «dalla sua distanza dalle posizioni tanto del suo governo quanto del suo partito».
In base a tutto ciò, le associazioni dovranno confrontarsi su tre piani e rispettivamente: «sul sostanziale rifiuto del sottosegretario di rendere conto delle posizioni di altri esponenti del governo», quindi «sull’opportunità dell’esistenza stessa del tavolo» e infine «sull’opportunità dell’intera operazione e di individuare una serie di proposte minime inderogabili comuni, partendo da una prospettiva nettamente intersezionale». Insomma, il tavolo – anche alla luce degli eventi più recenti – è fonte di perplessità più che di speranze. L’orizzonte intanto resta cupo. Un’unica cosa è certa: permanendo questa linea politica, non può esserci dialogo con questi attori istituzionali.
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