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#stophate: Milano dice no all’odio in rete

È una folla variegata, quella che affolla piazza della Scala per prendere posizione contro l’odio in rete, il cyberbullismo, l’omo-transfobia. Migliaia di persone che scelgono di essere presenti, per sostenere chi si mette in gioco giorno per giorno, scontando la propria esposizione con le minacce, gli insulti e la violenza psicologica via social.

Gli interventi dal palco

La piazza di Stop hate

Ciascuno porta con sé la propria diversità e la mette in comune, perchè, spiega Davide Bombini dal palco, solo con uno sguardo intersezionale ci si può accostare ai diritti, che hanno senso solo insieme, perchè «nessun diritto», spiega ancora Bombini «una volta garantito li assicura tutti». Allo stesso modo, soltanto assumendo insieme tutti i simboli d’odio si può efficacemente contrastarli, scrive Liliana Segre letta da Lella Costa, che commuove la piazza, e annuncia l’istituzione di una commissione parlamentare per il contrasto alle manifestazioni d’odio, razzismo e intolleranza.

L’impegno dei Sentinelli di Milano

Così è una galleria di identità molteplici, quella che sfila sul palco organizzato dai Sentinelli di Milano, che hanno ancora una volta unito una città che ha saputo dimostrarsi pronta all’appello e si prepara ad accogliere un grande progetto contro il bullismo. Una città che, chiarisce l’assessore Del Corno, «qualunque siano gli avvenimenti politici che verranno, non intende arretrare di un passo lungo il percorso dei diritti». Si susseguono, serrate, e dolorose, le storie di odio e stalking, ma alte, forti e sicure anche le voci di speranza.

Un momento della manifestazione

Una carrellata di testimonianze

Così Gianmarco Negri porta la solitudine delle persone trans rifiutate in ospedale, l’attivista transgender Antonia Monopoli la propria vicenda di stalking, quando una donna l’accusava di non poter far altro che prostituirsi, e poi Cecilia Sarti Strada, bersaglio di attacchi sessisti e allusioni omofobe, che nota quanto sia facile spiegare a suo figlio l’amore e quanto sia invece l’omofobia, a non essere spiegabile ai bambini. E ancora Sumaya Abdel Quader, consigliera comunale e costante oggetto d’odio perchè musulmana, che invita a «lavorare su ciò che viene prima e dopo la paura, i discorsi d’odio e la violenza, attraverso l’educazione e la vita quotidiana».

Denunciare l’odio, subito

E ancora Cathy La Torre, la cui scelta di parlare contro Casapound è valsa mesi sotto scorta, e Maria Silvia Fiengo, che la sua paura l’ammette, ricordando quando le minacce seguite al rogo del libri de Lo Stampatello da parte dei neofascisti l’avevano spinta, insieme a sua moglie, a non uscire, o persino, anni prima, quando si era trovata vittima di un pestaggio insieme alla donna che amava, a pensare che fosse un rischio da mettere in conto. E invece, oggi, una piazza come quella milanese dice che non è così. Riconosce l’importanza di fare, dell’odio subito oggetto di discorso pubblico – spiega Luca Paladini, a sua volta da mesi oggetto di minacce – e di decidere di non tacere, come Giulia, bersagliata per un cartello antifascista, a 21 anni, e che oggi lo tiene appeso accanto al letto per ricordarsi «l’importanza di stare dalla parte di ciò che è giusto e non di ciò che è facile».

Laura Boldrini

La responsabilità delle pagine fasciste

Anche a nome delle centinaia di persone che di parlare non hanno la forza, perchè l’odio sui social, chiarisce Luca Paladini, condiziona la vita di chi lo subisce. Quell’odio che dilaga negli spazi accessibili a tutti, a cominciare dai social, dove abbiamo «le pagine fasciste, che armano le mani dei troppi Luca Traini». Ed è per questo – attivisti e politici concordano – che non ci si può permettere di lasciare che i fascisti si approprino dell’importanza del concetto di libertà di espressione, chi è nutrito e nutre di discorsi d’odio che sono ormai assurti a strategia politica, razzismo e fascismo non possono avere lo stesso diritto di esprimerli.

L’intervento di Laura Boldrini

Ed è proprio la politica ad avere il dovere di contrastare l’odio. A sottolinearlo è Laura Boldrini, che spiega di aver depositato un disegno di legge di riforma del diritto di cittadinanza, e una proposta di legge contro l’omofobia, non più rimandabile, perchè ad essere in gioco sono le vite delle persone. E anche se la stagione istituzionale che si sta aprendo sembra andare in altra direzione, la deputata esorta: «Guai a chi si arrende prima di aver combattuto». E Milano sembra non volersi arrendere, e sembra di avere recepito il messaggio della ex presidente della camera: «Quando le persone si mobilitano, i palazzi devono ascoltare». E solo insieme si può essere agenti reali di cambiamento. Solo facendo propri, con coraggio e sfida, i segni della violenza – come i triangoli rosa del flashmob finale – si può agire portando su di sé l’impegno a costruire una realtà che possa dire davvero “Basta all’odio”.

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