Quattro le proposte avanzate da Italia Viva per la modifica del ddl Zan. Soppressione dell’articolo 1, ovvero la parte della legge che dà le definizioni di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Al posto di tali definizioni, bisognerebbe introdurre le categorie di omofobia e transfobia. Inoltre, ancora, si mira a sopprimere l’articolo 4 e modificare l’articolo 7, il capitolo cioè che porta la lotta contro l’omo-bi-lesbo-transfobia nelle scuole. Queste proposte sono state presentate dal presidente dei senatori Iv, Davide Faraone, e il capogruppo in commissione Giustizia, Giuseppe Cucca.
Il Pd, tuttavia, non ci sta. Durissima Monica Cirinnà: «Con queste proposte, IV si allinea nella sostanza alle posizioni della Lega e del centrodestra, alleandosi con loro nella battaglia per affossare il ddl Zan». La senatrice fa notare che su quei punti c’è già stata una trattativa. Proprio con Italia Viva, che diede il suo consenso alla Camera. «Renzi e Faraone, così, gettano la maschera e in un colpo solo delegittimano la loro ministra Elena Bonetti, le deputate e i deputati di Iv e la stessa Lucia Annibali». Annibali, la prima firmataria dell’emendamento che introdusse proprio l’articolo 1. Lo stesso che oggi si vuole sopprimere. La senatrice ricorda, ancora, come il partito di Renzi stia di fatto abbandonando «il movimento Lgbt+, e in particolare le persone trans, escludendo la tutela dell’identità di genere».
Renzi, dal canto suo, difende le dichiarazioni del suo partitino del 2% – ricordate quando si scagliava contro i cespugli a sinistra? – con una dichiarazione delle sue. Infelice, cioè. «Sui diritti una certa sinistra gode nel fare i convegni e poi farsi bocciare le leggi in aula. È andata così sui Dico, sui Pacs e su tutto il resto. Poi siamo arrivati noi e abbiamo fatto le Unioni Civili. Perché per fare passi in avanti sui diritti occorre il dialogo, non la clava». Peccato che ometta di dire che la clava che non usato nei confronti dei suoi ex alleati, ai tempi di quella legge, l’ha abbondantemente lasciata cadere sui diritti delle famiglie arcobaleno e dei loro bambini e bambine. Abolendo il capitolo sulle stepchild adoption.
In effetti, il partito di Renzi sta dando una grossa mano all’iter parlamentare. Aiutando, di fatto, la Lega ad affossare la legge. Le criticità di questo ennesimo colpo di scure, da parte dei renziani, sui diritti e la tutela delle persone Lgbt+ le spiega Angelo Schillaci, in un suo stato su Facebook: «…si tratta di modifiche che, ammesso e non concesso che su di esse si trovi consenso in Senato (approvandole), non farebbero altro che far esplodere il conflitto alla Camera, rendendo impossibile una terza lettura già di per sé lunare». E non solo: sulla «surreale proposta di tornare a parlare di crimini fondati su “omofobia e transfobia”» il giurista ricorda che si tratta di «una formula di cui viene lamentata da anni l’assenza di precisione tecnica, e su cui sono naufragate quasi tutte le proposte di legge in materia di omotransfobia presentate e discusse nelle scorse legislature».
Credo che occorra far chiarezza su un aspetto cruciale: l’approvazione di leggi di tutela non può passare sempre nell’ottica di amputare sfere di diritti e dignità di categorie fragili. Aver fatto una legge sulle unioni civili monca del capitolo dell’omogenitorialità non è un merito, ma un limite che sottolinea semmai tutta l’inadeguatezza della passata leadership di Renzi. L’ex premier dimostra di non essere coerentemente al passo con quanto accade nei paesi più civili del nostro, su questi temi. Tentare di far la stessa cosa con la legge Zan, nell’evidenza che un ritorno alla Camera significa mandare nel cassetto il ddl, ripropone un metodo: far passare un provvedimento monco di una parte fondamentale. E perpetra un’ingiustizia: escludere una fetta di persone, le più vulnerabili, dalla tutela dello Stato.
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