Politica&diritti

Morisi e la pruderie sulla sua omosessualità: la bestia divora il suo creatore

Se volessimo essere persone cattive e citare Simone Pillon su Luca Morisi, secondo quanto pubblicato dal Foglio – parole, ricordiamo, smentite dallo stesso senatore leghista – dovremmo dire che c’è un fondo di verità in quelle dichiarazioni: la giustizia divina ha colpito. E quel dio è stato, oltre che ironico, anche particolarmente sadico e crudele con lo spin doctor di Matteo Salvini. Ma non siamo persone cattive (o quanto meno, proviamo a non esserlo) e non crediamo a nessuna giustizia da parte degli dei. Pensiamo, tuttavia, che questa storia ha molto da raccontarci. Sia sul piano politico, sia su quello più squisitamente umano.

La bestia di Morisi

Morisi è il creatore della “bestia”, quel sistema di comunicazione che mira a «intercettare i sentimenti della rete, influenzare le interazioni degli utenti e fomentare la loro emotività» ricorda Open. Che la politica si serva dei media per portare acqua al proprio mulino non è una novità. Lo abbiamo visto con la propaganda nei regimi totalitari prima e dopo la seconda guerra mondiale. Ma anche le democrazie si sono servite di questi mezzi per creare consensi e per orientare le scelte dell’elettorato. La “bestia” di  Morisi tuttavia si è spinta oltre: ha costruito una narrazione basata sull’odio verso le categorie più deboli. Migranti, persone Lgbt+, donne politicamente impegnate, semplice utenza che sui social criticava il “capitano”… Una narrazione che ha contribuito a devastare il tessuto sociale del Paese. E le cui dinamiche, adesso, si abbattono sul suo creatore con altrettanta ferocia.

La vendetta del web

Lo staff di Morisi, la cosiddetta “bestia”

L’indignazione del web, anche nelle sue forme più aberranti, sta travolgendo sia Morisi sia l’ex ministro dell’Interno e, con lui, la Lega stessa. Non si perdona a Salvini, ad esempio, la famosa scena di lui che suona a casa di un privato cittadino – al Pilastro di Bologna – per chiedergli se spacciava. Stanno proliferando, infatti, molti meme in cui il popolo del web ironizza sui due esponenti leghisti, proprio richiamando quell’episodio. O ancora si sta chiedendo, a un Salvini improvvisamente folgorato sulla via del garantismo nei confronti delle persone con problemi di droga, di rispondere alle precedenti dichiarazioni su Cucchi: «La droga fa male» furono le sue parole, che fecero adirare la sorella Ilaria che annunciò di querelarlo per quell’affermazione.

Una tempesta perfetta che travolge la Lega

In politica, si sa, la coerenza non è moneta che paga. Ma è comunque un principio con cui farla pagare all’avversario politico. Il popolo del web, su questo, non conosce pietà. E la politica – seguendo la lezione della bestia – non fa altro che raccoglierne il “sentimento”. Tutto questo può avere delle ricadute molto pesanti, ad esempio alle prossime elezioni amministrative. Tema sul quale molte sono le fibrillazioni in casa leghista e dove si respira aria di resa dei conti. Quello di Morisi, dunque, è un capitolo di una tempesta perfetta che coinvolge la dirigenza del partito (lo spin doctor, ricordiamolo, è uno dei big del Carroccio) e che può avere conseguenze poco piacevoli per i vertici attuali. Ma, come si diceva in apertura, il problema non è solo politico. C’è un altro piano di lettura che va considerato.

La pruderie sessuale su Morisi

Si sta costruendo, attorno a Morisi, una narrazione basata su una certa pruderie sessuale circa il suo orientamento. Sia ben chiaro, chiunque ha il diritto di vivere la sua identità come meglio crede. Ma il personaggio in questione non è una persona qualsiasi. È il responsabile di quella narrazione che ha colpito, si diceva più su, anche la comunità Lgbt+. L’ha colpita nel corso di questi anni, quando Salvini andava in giro a dire che con lui nelle scuole non sarebbe mai passato il discorso di “genitore 1 e 2” e che “i bambini hanno bisogno di una mamma e un papà”. La comunità arcobaleno è stata ferita, sempre dalla bestia, prima con il dibattito sulle unioni civili e adesso con il DDL Zan. C’è da chiedersi come si è posto, Morisi, se non di fronte alla sua coscienza almeno di fronte alla parte più vera di sé. Quella che poi lo portava a viversela, la sua identità. E viene da chiedersi come riusciva a coniugare il rispetto di sé con un discorso (pubblico e politico) che adesso prova a demolirlo in quanto essere umano.

La doppia morale sulla questione Lgbt+

Un meme che circola in rete

Possiamo pensare a una doppia morale, per giustificare tutto ciò. Che poi è la stessa che ha portato la Lega a scandalizzarsi per le parole di Zan, qualche settimana fa, quando ha dichiarato di aver visto un parlamentare leghista a Mykonos, nota località frequentata da maschi omosessuali. Si urlò alla violenza, all’outing, alla mancanza di rispetto per la privacy delle persone. Nel frattempo, continuavano gli attacchi alla legge contro l’omo-bi-lesbo-transfobia. E ora si sta facendo pagare il conto anche di questo, alla Lega e alla sua classe dirigente. E in questo quadro, Morisi è vittima di se stesso e della creatura che ha inventato. Creatura che doveva sbranare gli altri. Altre categorie. Ma sulla quale ha perso il controllo. E la bestia, adesso, sta divorando il suo creatore. E pure il padrone che doveva servire.

Tutto ciò non aiuta…

Certo, a voler essere persone malvagie (e non vogliamo esserlo) si potrebbe osservare tutto questo con un pizzico di compiacimento. Ma questa storia – tanto per cambiare – non aiuta la comunità Lgbt+. Anzi. La pruderie con cui viene affrontata non fa altro che risucchiare nel tunnel dello “scandalo” soprattutto i maschi gay. Omosessualità che andrebbe trattata come condizione umana e non come ingrediente piccante, utile a racimolare like sui propri siti. E a ben vedere, ancora, giornali e opinione pubblica non fanno altro che sottolineare la nazionalità dei due ragazzi coinvolti nella vicenda – i due sarebbero rumeni – alimentando anche diffidenza contro le persone migranti. Perché quando una narrazione è tossica, quel veleno colpisce chiunque ne viene in contatto.

La necessità di cambiare registro

E se tutto ciò non ci aiuta a godere della “punizione” che si sta abbattendo sui protagonisti di questa vicenda, ci aiuta a capire che bisogna cambiare registro. Sul linguaggio da utilizzare nella comunicazione politica. E sulle dinamiche per acquisire visibilità e consenso. La bestia, insomma, non deve essere domata. Va abbattuta. E nell’agone politico, trasformato in un’arena dove sbranare intere categorie sociali, far tornare la discussione, il dibattito – anche aspro, per carità – ma sempre nel rispetto reciproco. Ciò che manca nella parabola politica di Salvini e di chi lo ha aiutato in tutti questi anni.

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