Cos’è la diversità? E come viene raccontata nell’Italia e nel mondo di oggi? È questo il tema affrontato sabato 7 dicembre, a Bologna, durante il convegno “Narrazioni e rappresentazioni della diversità: il caso della comunità Lgbt+ italiana” (qui l’evento su Facebook). L’evento – moderato dalla giornalista Caterina Coppola – si terrà in Sala Borsa, in piazza del Nettuno 3, a partire dalle ore 14:45. L’ingresso è libero.
Saranno presenti personalità del mondo del giornalismo e dell’attivismo Lgbt+ e si discuterà della qualità della narrazione della diversità nel contesto italiano. Una necessità, quella di approfondire le tematiche proposte, quanto mai urgente in un momento in cui “l’altro da sé” viene visto e proposto con sospetto e all’interno – troppo spesso e purtroppo – del linguaggio dell’odio.
«Nella narrazione delle persone Lgbt quello che è fondamentale è la storia» introduce così il suo intervento il giornalista Simone Alliva, che ha intitolato il suo panel Il senso delle parole. «Proprio all’interno della storia di ciascuno, diffusa attraverso un pezzo di cronaca, si può abbattere un pregiudizio che sempre germoglia in violenza fisica e non solo».
L’argomento trattato diventa un vero e proprio viaggio nella diversità a tutto tondo: toccando la «delicatissima questione della transessualità, che mai deve avere quella modalità di “abuso” che fa “scandalo”», fino ad abbracciare la «contro-narrazione» su certi manifesti che ritraggono «le famiglie arcobaleno grigie, arrabbiate con un bambino in lacrime dentro un carrello della spesa». Alliva ne è certo: «Il pregiudizio si scrive sul corpo». E prova a destrutturarne i meccanismi e le logiche, attraverso l’analisi dell’arma più potente che abbiamo: la parola.
«Le lesbiche non esistono. Non per la stampa italiana quanto meno». Parte da questa considerazione la giornalista Irene Moretti, con il panel Perché ci fa paura la parola “lesbica”? che fa il punto sul sistema dei media in Italia. L’universo lesbico non esiste neanche nella stampa scandalistica, «dove ci si immagina che l’orientamento sessuale di questa o quella protagonista del jet-set possa destare clamore». E quando esistono, «esistono solo negli immaginari da film porno».
Uno sguardo estremamente ridotto, parziale – oltre che improprio – a cui si cerca di porre rimedio. «Si scrive “lesbica”, si pronuncia “lesbica”, ma quello che arriva è, la maggior parte delle volte, un insulto» ricorda Moretti. E invece è l’ora di una narrazione nuova: «Per uscire da questo vicolo cieco dobbiamo prima convincerci di due cose. Noi lesbiche esistiamo e definirci tali non è una parolaccia». Usiamole bene le parole, insomma. Usiamole con coscienza.
«Nella storia della società occidentale vi è una apparente e salda convinzione nell’esistenza di soli due generi: maschile e femminile» ci ricorda l’attivista Ethan Bonali, nel suo intervento Né uomo né donna: non binary, le identità senza narrazione.
«Tuttavia vi è una crescente parte di popolazione che vive fuori da tale costrutto binario. Spesso questa realtà viene definita come emergente, collegandola al progresso tecnologico ed alla possibilità di trasformare il proprio corpo». Eppure tali identità esistono da tempo e ciò che dobbiamo sottolineare non è un’emersione, bensì una ri-emersione. Bonali ci propone dunque «un percorso a ritroso, attraverso etnografia, antropologia, decolonizzazione e ricerca di archivio», per «ritrovare tracce di esistenze, in ogni continente» di quelle identità che la «cultura egemone occidentale, binaria, bianca» ha provato a cancellare.
Narrarsi è un processo di lungo corso. Dobbiamo trovare, innanzi tutto, le parole per definire noi stessi/e, quindi le dobbiamo proporre al mondo “là fuori”. Il web si è mostrato uno strumento utilissimo per le soggettività marginalizzate per costruire una narrazione della diversità. Narrazione che ha trovato parole proprie e dinamiche costruite da chi quelle vite e quei corpi li ha sempre abitati. Di chi, però, ha dovuto subire le parole – spesso ostili – degli altri.
L’intervento di Dario Accolla, dal titolo Identità Lgbt+ on line, dalla piazza al web (e viceversa). Viviamo, per ricordare le parole del linguista Raffaele Simone, la terza fase della storia dell’umanità in cui la trasmissione del sapere ha subito una rivoluzione epocale: quella di internet. Si vedrà come tale rivoluzione ha contribuito a fare della narrazione Lgbt+ una narrazione diversa.
Il convegno, ricordiamo ancora, fa parte del progetto “Parole di rispetto”, realizzato all’interno del Patto generale di collaborazione per la promozione e la tutela dei diritti delle persone e della comunità Lgbt+ nella città di Bologna, è stato organizzato da Frame e da Gaypost.it . L’evento ha il patrocinio del Comune di Bologna. Vi aspettiamo numerose e numerosi.
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