La paura del diverso e dello sconosciuto appartiene a tutti gli individui, sin da piccoli. Crescere, dunque, significa maturare e superare tali paure attraverso l’esperienza, aprendosi alla società, ma soprattutto alla socialità. L’omofobia, concetto tipicamente sociale, coniato dallo psicologo George Weinberg, s’inserisce in questo meccanismo umano di difesa, in un contesto socio-culturale che sembra valorizzare una “normatività” eterosessuale e che valuta come “contro-natura”, “criminoso” o “perverso” tutto ciò che è diverso, generando talvolta sentimenti negativi, repulsivi e di disgusto che sfociano anche in comportamenti aggressivi e lesivi.
Ma quali sono i fattori caratteristici dell’omofobia interiorizzata? Secondo Lingiardi (2007) tale condizione è di natura multifattoriale che varia da persona a persona e in base a fattori di diverso ordine considerati sia singolarmente che, ovviamente, in interazione tra loro.
Fattori Famigliari che talvolta non fungono da sostegno, ma che si configurano, invece, come fonte di ulteriore stress;
Fattori Individuali come la scarsa accettazione e autostima fino all’odio di sé e all’autodisprezzo. Possono aggiungersi, in vari gradi e modalità, anche sentimenti di incertezza, inferiorità e vergogna. Rientra in tali fattori anche l’incapacità di comunicare agli altri il proprio orientamento sessuale e la convinzione di essere rifiutati, identificandosi con gli stereotipi denigratori.
Ma se vivere nella società significa poterne fare parte, sperimentando nell’incontro con l’altro il significato più ampio di collettività, allora si potrebbe andare oltre l’ignoranza e la discriminazione che rischiano, ancora oggi, di dare luogo a situazioni pericolose. Dunque, educare ad una cultura delle differenze a diversi livelli (adulti-ragazzi-istituzioni) potrebbe essere il presupposto per abbattere pregiudizi ed etichette negative a favore di un principio più ampio di inclusione, creando condizioni di rispetto dell’altro diverso da sé e in cui ciascuno può esprimere liberamente se stesso.
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