Quarantanove anni fa: 28 giugno 1969, appunto. Una data fondamentale per la nostra comunità, che segna un prima e un dopo. Una data che archivia, forse per sempre, il tempo in cui essere persone Lgbt era qualcosa di cui vergognarsi e da cui nascondersi. Il giorno in cui le trans si ribellarono ai soprusi della polizia e in cui i gay persero “il loro sguardo ferito”, come disse efficacemente Allen Ginsberg. Stiamo parlando dei moti di Stonewall. E la rete li celebra, sia attraverso l’hashtag di rito, sia ricordando cosa è successo in quel piccolo bar di New York.
Su Twitter, innanzitutto. C’è chi sottolinea l’aspetto della “fierezza arcobaleno”, come Idrossido che twitta: «Tutto iniziò la notte del #27giugno, quando le persone #LGBT alzarono la testa. Ricordare #Stonewall significa pensare a come ha avuto origine la nostra lotta e quanto sia necessario continuare a battersi per i #diritti, con un senso di gratitutine per chi ci ha preceduto». E gli fa eco Radio_Zek che ricorda che il 28 giugno «è il giorno in cui i gay pretesero la dignità che spettava loro, ponendo fine all’oppressione, il giorno dal quale non si è più tornati indietro sulla strada dei diritti. È il giorno dell’Orgoglio».
Altri mettono in risalto l’aspetto della rivolta, come RedGlow che ricorda ancora: «49 anni fa esatti, ma a l’una e venti di notte, arrivava la polizia allo #Stonewall per la solita retata. Dopo poco la tensione sarebbe esplosa, e persone trans, lesbiche, ragazzini scappati di casa e tanti altri si sarebbero ribellati. Il movimento nasceva con una rivolta». E dello stesso tenore è il commento di BlueIsCold: «Il #28giugno 1969, per la prima volta, la comunità omosessuale reagisce all’ennesimo controllo di polizia al bar #Stonewall Inn di New York. Per giorni dilaga la protesta nel quartiere. Con una rivolta, nasce l’Orgoglio Gay».
Non può mancare, ancora, chi ricorda il contributo fondamentale di una delle protagoniste indiscusse di quella notte e di quei moti, Sylvia Rivera (a cui anche noi abbiamo dedicato uno spazio, sulla nostra pagina). Recupero della memoria e omaggio vibrante allo stesso tempo, che ritroviamo nel tweet del giornalista Simone Alliva, che riporta direttamente le sue parole: «La scintilla della rivoluzione l’abbiamo iniziata noi checche, travestiti e puttane. Dove stavate voi, gay in doppiopetto, eravate nascosti? Venite a raccogliere gli allori di una rivolta della quale non avete nessun merito?»
E Facebook non è da meno. E sono proprio gli attivisti e le attiviste arcobaleno i più presenti. Scrive Luca Trentini, sul suo profilo: Oggi non è un giorno qualsiasi. All’ 1.20 della notte fra il 27 e il 28 giugno il mondo ha iniziato a cambiare. Le nostre vite hanno iniziato a cambiare. Allo Stonewall Inn di New York trans, gay e lesbiche fanno esplodere la loro rabbia e la loro voglia di libertà. Una rivolta violenta e radicale contro la polizia, il sistema e le convenzioni. Una rivolta che nulla ha a che fare con moderazione, normalità e perbenismo da giacca e cravatta».
Torna la polemica sul perbenismo di cui è purtroppo intrisa una certa parte della comunità. E Trentini lo ricorda, senza mezzi termini: «Il mondo lo cambiarono travestiti, sui tacchi, truccati e in parrucca. Noi abbiamo raccolto questa eredità e proviamo ancora a realizzare i sogni e le speranze di troppe generazioni perse nella discriminazione. Con orgoglio e determinazione». Sulla stessa falsariga Laura Maria Santonicola, del circolo Arcigay Rain di Caserta, che non la manda di certo a dire: «49 anni dopo» sbotta «se metti un body al Pride la gente ti caca il cazzo» e promette, a caratteri cubitali: «NON CI AVRETE MAI COME VOLETE VOI».
Insomma, la comunità Lgbt italiana – tra militanti e gente comune – ha preso coscienza non solo dei concetti di dignità, liberazione e identità, ma anche delle proprie radici e della propria storia. Fatti, in verità, speculari l’uno all’altro: non può esserci il riconoscimento di sé se non si rintracciano le proprie origini. E in tempi come questi, in cui l’opinione collettiva è facile preda di pessimi imbonitori dalle immeritate fortune politiche, è anche il segnale di qualcosa di importante e che fa ben sperare: una coscienza civica profonda. Coscienza che, a ben vedere, è un ottimo antidoto contro il populismo dilagante. Non resta altro da dire se non: avanti così. E siate ribelli, sempre.
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