Citata per danni perché incinta: è quanto si apprende dell’incredibile vicenda della pallavolista di una squadra friulana di serie B1. Lara Lugli si era scoperta incinta e, come riporta AdnKronos, aveva dato notizia della maternità alla sua associazione sportiva. Quest’ultima ha dunque rescisso il contratto, non pagandole lo stipendio. Poi, perso il bambino, l’atleta ha chiesto che le venissero corrisposte le mensilità in cui è stata lontana per la gravidanza. Ma la società l’ha citata per danni, perché non ha completato il campionato.
Non appena appreso della gravidanza, la pallavolista lo comunica alla società «e loro, come sempre accade in questi casi, interrompono il contratto. È proprio scritto così, è la prassi, per noi di Serie B1 ma anche per le categorie superiori» ha dichiarato in un’intervista. «Siamo dilettanti e non abbiamo tutele, nessuno strumento giuridico in mano. Se ti infortuni, e dipende anche dalla gravità dell’infortunio, il contratto viene onorato. Se annunci di aspettare un bambino, un minuto dopo c’è la rescissione».
Lara Lugli parla dei suo rapporti con la società sportiva: «Buoni, i migliori possibili. Li ho avvertiti subito, mi sembrava giusto farlo, è così che si fa». Poi l’aborto spontaneo. «Ad aprile» continua la pallavolista «dopo qualche tempo mi rifaccio viva, chiedendo l’ultima mensilità, quella di febbraio, il mese precedente alla scoperta della mia gravidanza, in cui avevo regolarmente giocato e mi ero sempre allenata. Là scatta la loro risposta. Una citazione in opposizione alla mia ingiunzione di pagamento. Con frasi impressionanti per crudezza e arretratezza».
Quali sono questi frasi? AndKronos riporta: «Il club ha scritto: “Dopo l’aborto sarebbe potuta tornare in campo, allenarsi e andare almeno in panchina”». E Lugli ribatte: «Lasciando da parte le condizioni psicologiche in cui mi trovavo in quel momento, è una frase di un’ineleganza mostruosa. Ho provato vergogna, tristezza. E poi, ora, qualche giorno dopo la richiesta di danni, ho deciso di pubblicare la mia storia». Una storia che racconta anche la condizione in cui versano le atlete nel nostro paese. Considerate delle dilettanti e non delle professioniste dello sport.
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