Il Comune di Milano ha trascritto una sentenza di adozione americana a favore di un papà gay facendo sì che il piccolo Tommaso, adesso, abbia due padri anche per l’Italia.
Ma partiamo dall’inizio della storia.
Quando ad aprile 2018 Tommaso nasce ad Atlanta (Georgia), grazie alla gestazione per altri, ha solo un papà: Emiliano.
Il desiderio di paternità di Emiliano ha radici lontane. “Ho sempre desiderato diventare padre – racconta a Gaypost.it – fin da bambino, a prescindere dal fatto che fossi gay. Poi, crescendo, ho creduto di dover rinunciare a questo sogno proprio per il mio orientamento sessuale“.
Passa il tempo ed Emiliano capisce che essere gay non può, in alcun modo, impedirgli di diventare papà.
“Ho provato la strada dell’adozione – spiega -: stavo per chiedere alla mia azienda il trasferimento in Spagna, dove questo è possibile anche per le coppie same sex. Poi, però, la crisi economica del 2008 ha messo un freno a tutto”.
Quando Emiliano tenta la strada dell’adozione, ha un compagno. Una storia durata più di quattro anni e finita con la morte improvvisa di lui.
“Non è stato facile – racconta ancora Emiliano -. Tutto si è fermato, anche il progetto di genitorialità. Ho dovuto superare il lutto e il dolore della perdita del mio compagno ed essere certo che un figlio non rappresentasse un modo per continuare a vivere quella storia né per colmare il vuoto che lui aveva lasciato”.
Con il supporto di una terapia psicologica, Emiliano fa un percorso e un lavoro su se stesso. Capisce che un figlio è ancora il suo desiderio più grande, a prescindere da tutto.
Abbandonata la strada dell’adozione, comincia a informarsi sulla gestazione per altri. “Volevo sapere tutto quello che c’era da sapere su questa tecnica – spiega -. E soprattutto, volevo garanzie precise sul fatto che non ci fosse neanche l’ombra dello sfruttamento della gestante. Una cosa su cui non ero disposto a transigere”.
Un percorso di conoscenza e consapevolezza che nel 2017 porta Emiliano ad Atlanta, in Georgia. Lì si rivolge ad una clinica specializzata e conosce Giavonnia, una ragazza del luogo già mamma di due figlie e con una posizione economica stabile che aveva deciso di fare da gestante per altre coppie.
“Quando insieme a lei abbiamo iniziato l’iter per la gpa, io ero ancora single – racconta ancora Emiliano-. Quindi legalmente, il bambino avrebbe avuto un solo genitore: me”.
Poi il caso fa un po’ come gli pare e in una di quelle situazioni in cui gli amici di amici ti presentano “qualcuno con cui andresti d’accordo”, conosce Alberto. Ci avevano visto giusto: Emiliano e Alberto si innamorano e inizia la loro storia.
“Ho detto subito ad Alberto a cosa andava incontro e che non avrei rinunciato a mio figlio, anche se ancora era tutto all’inizio – dice -. Lui ha subito detto di sì e da quel momento il percorso della gpa l’abbiamo vissuto insieme, in ogni aspetto”. Alberto ed Emiliano vanno più volte ad Atlanta, incontrano Giavonnia e la sua famiglia, diventano amici.
Ma le cose erano già avviate e, appunto, Tommaso nasce legalmente figlio solo di Emiliano.
Quando tornano in Italia con il bambino, cominciano i problemi burocratici.
“La legge italiana prevede la possibilità di un genitore single, quindi non pensavo che ci sarebbero stati problemi a trascrivere l’atto di nascita di Tommaso – racconta ancora -. Ma così non è stato. Credo che l’impiegato del Comune abbia capito che sono gay e mi ha risposto che ci sarebbe voluto più di un anno. Tommaso era praticamente irregolare in Italia: cittadino americano, mio figlio per gli Usa, inesistente per l’Italia. Immaginate cosa significa: non puoi accedere alle graduatorie del nido, non puoi avere documenti, non puoi avere il pediatra. Niente di niente! Ho dovuto ricorrere all’avvocato Michele Giarratano del gruppo legale di Famiglie Arcobaleno per risolvere il problema. Grazie al suo intervento, c’è voluto molto meno dell’anno preventivato”.
C’era ancora un’altra questione da risolvere: il rapporto legale tra Alberto e il piccolo Tommaso.
“Alberto è sempre stato suo padre, nei fatti, fin da quando è venuto al mondo – spiega Emiliano -. Dovevamo assolutamente affrontare la questione. Nella vita di tutti i giorni quasi non ci pensi perché vivi la tua quotidianità come coppia di genitori con un figlio e fai tutto quello che c’è da fare. Ma c’è sempre il retropensiero del rischio che correrebbe Tommaso se a me succedesse qualcosa: che ne sarebbe di lui? Per non parlare del fatto che anche nelle cose quotidiane è tutto un firmare deleghe e spiegare la situazione ad asili, medici e tutto il resto. Siamo stati fortunati, nessuno ci ha mai ostacolati in queste cose e anzi sono stati tutti molto disponibili. Ma hai sempre la consapevolezza di non essere uguale agli altri genitori“.
Procedere con una stepchild adoption a Milano, però, appariva una strada in salita e particolarmente complessa. Sono tantissime, infatti, le coppie same sex milanesi in attesa di sentenza da anni. Una situazione di stallo totale.
Alberto ed Emiliano, su consiglio del loro legale statunitense, tornano ad Atlanta e si sposano. A far loro da testimone c’è Giavonnia e tutta la sua famiglia partecipa alla cerimonia. Dopo il matrimonio, Alberto presenta istanza per l’adozione di Tommaso. Il giudice di Atlanta ci mette meno di mezz’ora a verificare che tutto fosse in regola e a dire di sì.
I due papà e il bambino tornano in Italia con un atto che certifica che sono una famiglia. E’ ottobre del 2019, Tommaso ha un anno e mezzo. Ora, però, quell’adozione va riconosciuta anche dall’Italia.
“In teoria non servirebbe l’assistenza di un avvocato – sottolinea Emiliano -: la trascrizione di un’adozione avvenuta all’estero è un atto amministrativo. Ma siamo una coppia gay e tutto diventa difficile. Abbiamo chiamato di nuovo l’avvocato Giarratano e qualche giorno fa, finalmente, è arrivata la trascrizione: Tommaso è figlio di entrambi anche per l’Italia”.
“E’ stato un sollievo, una sensazione di leggerezza incredibile – racconta ancora -. Ora Tommaso è tutelato come tutti gli altri bambini e noi abbiamo entrambi gli stessi doveri nei suoi confronti”.
In questi anni, Emiliano, Alberto e Tommaso hanno mantenuto sempre un buon rapporto con la donna che ha partorito il bambino e con la sua famiglia.
“Abbiamo appuntamento per una video chiamata proprio oggi – ci dice Emiliano -. Giavonnia vuole bene a Tommaso ed è molto legata a lui, ma non lo ha mai considerato figlio suo. Ha deciso lei che rapporto avere con Tommaso, fin dall’inizio. Un rapporto molto sereno. Ha voluto vederlo appena nato e, quando ci siamo sposati, siamo stati tutti e tre ospiti da lei. Tommaso ha solo 3 anni, certo, ma a modo suo e proporzionatamente alla sua età, sa come stanno le cose. Guardiamo le foto della gravidanza insieme e gli diciamo: “Vedi? Prima eri lì”. Man mano che crescerà, gli racconteremo tutto”.
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