Oggi vi racconto due “piccole” storie tristi, a base di razzismo e ruspa (e anche peggio). La prima: a Peschiera Borromeo, in provincia di Milano, un profugo della Guinea – per chi non lo sapesse: un paese dell’Africa occidentale, poco più a nord del golfo omonimo – è stato inserito come volontario in una struttura per ragazzi. «Il giovane» si legge su Repubblica.it «è “titolare di protezione internazionale, in possesso di permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il Tribunale li ha riconosciuti come regolari cittadini comunitari”». Ma una mamma non ci sta e scrive su Facebook: «Ritiro mio figlio dal centro estivo comunale». Il problema, a leggere quella dichiarazione, è proprio la presenza dei migranti. Al solito, la decisione viene fatta seguire dalla tipica retorica del “genitore imbruttito”: nessuno mi ha avvertito, ci vorrebbe personale specializzato, fino a un «mi son cadute le braccia».
La seconda storia è più vecchia e assume i connotati dell’horror (starete pensando: “se fosse possibile”. Ed io vi dico: sì, lo è). 2015, siamo a Lecce, nella spiaggia di Torre Chianca. Un ambulante della Nuova Guinea – isola compresa tra Australia e arcipelago indonesiano, per capirci – stava vendendo i suoi occhiali, in quella ridente località. Due giovani, italianissimi per di più, gli hanno prima rubato la merce e poi, di fronte alle proteste del ragazzo, per altro minorenne, lo hanno trascinato in acqua per annegarlo. In tutto questo, i bagnanti, sempre connazionali, hanno fatto finta di nulla e quando è arrivata la polizia che ha evitato il peggio, sono partiti insulti razzisti e cori contro gli agenti. Per fortuna, la parte sana della cittadinanza ha risposto con una fiaccolata di solidarietà (mentre i due sono stati consegnati alle amorevoli cure della giustizia).
Questi fatti si commenterebbero da soli, in un paese che può ancora definirsi civile. Il nostro, tuttavia, pare aver subito un processo di imbarbarimento riscontrabile da alcune costanti, che proverò qui di seguito ad elencare, prima di qualificare il tutto.
1. Il complesso dell’allenatore, tipico di certi genitori d’Italia: è già successo con il “gender” a scuola ed è continuato con la storia dei vaccini. Fino ad arrivare al caso del centro estivo. Sembra che di fronte ad alcune decisioni da parte di organi competenti (scuole, strutture sanitarie e comunali, ecc), motivate da questioni specifiche – come evitare il bullismo a scuola, tutelare la salute dei minori, favorire l’integrazione, ecc – e monitorate dal personale responsabile, debba aver peso maggiore l’isteria di qualche papà o mamma la cui unica competenza è quella di esser tale e nulla più. Approccio poco scientifico, eppure…
2. La sindrome della ruspa, ancora. Siamo abituati a doverci sorbire sui media le raffinate analisi di Salvini (o chi per lui) che riduce il fenomeno dell’immigrazione a “contagio criminale”, per cui unico l’unico vaccino sembra essere l’utilizzo, nemmeno tanto creativo, della macchina da cantiere. In assenza di una strategia retorica che confini tale narrazione nel recinto delle sonore cazzate – e mi scusino i cultori del preziosismo, ma stiamo pur sempre parlando della Lega – va da sé che l’italiano medio(cre) alla fine ci creda. I due balordi, a ben vedere, non hanno fatto altro che mettere in pratica il vangelo secondo Matteo (quello delle felpe). C’è un immigrato. L’immigrato è il problema. Il problema si risolve con la violenza (di cui la ruspa è metonimia). Atterro il problema, anzi lo annego. Atteggiamento coerente, ma criminale.
3. Terrorismo made in Italy. Ebbene sì, signori e signore. Quando ci si azzarda in commenti tipo “io quelli li bombarderei tutti”, o quando pensate che la soluzione sia quella di “asfaltare” – vi ricorda qualcosa del linguaggio politico a cui siamo stati abituati? – la presunta causa del problema, riferendovi a non meglio identificati stranieri (purché dalla pelle scura e dalla fede non omogenea alla vostra), non andate molto lontano dalla strategia di chi, appunto, di volta in volta ci fa saltare in aria, ci spara addosso o ci travolge con un camion. Pensare di curare il terrore con altro terrore è tipico delle teste calde che poi, per una curiosa metamorfosi, diventano anche teste di altra natura (capisci a mmè).
4. Citazionismo “fallace”. E chiedo venia per il gioco di parole. Ma se pure Famiglia Cristiana – che non è certo l’organo ufficiale di Emergency – vi dice che è il caso di finirla di tirar fuori le frasi di Oriana Fallaci manco fossero bigliettini dei famosi baci al cioccolato, forse fareste meglio a crederci. Alimentare l’odio razziale in contesti siffatti è come spegnere gli incendi che puntualmente tormentano le nostre estati con l’alcol etilico. Fermo restando che la citazione dovrebbe essere il suggello del proprio pensiero, originale e ponderato, e non la sostituzione dello stesso. Anche se, rifacendosi a personaggi e partiti già citati, è comprensibile la difficoltà di sviluppare una visione autonoma delle cose.
Concludo questo piccolo sfogo, che spero vogliate perdonarmi, con le considerazioni del caso: sottolineando primariamente che questa libera ostentazione di sentimenti contro interi popoli – di cui presumibilmente non si conoscono nemmeno le origini (e se qualche razzista legge: è per voi che ho riportato le coordinate geografiche) – non è atteggiamento molto “cristiano”. Questo a proposito di “radici” che si vogliono preservare. E ricordando che, in secondo luogo, siamo il paese che ha dato al mondo il Rinascimento, l’arte, la poesia e tante altre belle cose. Dovremmo essere all’altezza della nostra storia e a mettere a repentaglio tutto ciò non è certo l’immigrazione, che fa pienamente parte delle nostre tradizioni, ma tutta la volgarità e la disumanità che le due piccole storie tristi di cui sopra hanno portato all’onore della cronaca. In buona sostanza: il “bel paese”, se vogliamo continuare a chiamarlo così, non può essere popolato da stronzi. Oriundi, per di più.
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