È stata presentato ieri, al Teatro Eliseo di Roma, di fronte a una platea di insegnanti e rispettive scolaresche, il piano nazionale per l’educazione al rispetto che dovrà essere avviato nelle scuole del nostro paese. A presentare la campagna #rispettaledifferenze, con tanto di hashtag, c’era Myrta Merlino insieme a molti ospiti, tra cui la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli e altri personaggi del mondo della politica, dell’associazionismo e dello sport. Tutto bene dunque? No. Vediamo perché.
La ministra Fedeli comincia riprendendo lo spot che è stato girato per il rispetto di tutte le diversità a scuola, che si basa sulla lettura dell’articolo 3 della Costituzione italiana. Fa una carrellata di differenze esistenti nel nostro Paese, dalle etnie diverse alla religione, passando per le condizioni economiche e per la differenza di genere. Non una parola, tuttavia, sul bullismo omo-transfobico e sul rispetto che si deve alle persone Lgbt: e ricordiamolo, sono migliaia gli/le adolescenti gay, lesbiche, trans, ecc, presenti nelle aule italiane che subiscono vessazioni per la loro identità sessuale.
La campagna, per altro, si lega all’applicazione del comma 16 della legge sulla “Buona scuola”, quello che recita, testualmente: «Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni…». La domanda è conseguente: che ruolo avranno, in questo processo, le politiche di contrasto al bullismo omo-transfobico? Il silenzio sulla questione non aiuta ad essere fiduciosi. Ma c’è di più.
Alla presentazione della campagna era presente anche il sottosegretario Toccafondi che ha speso parole encomiabili sul ruolo degli insegnanti nel contrasto al bullismo. Ha inoltre ricordato che sono previste risorse sia per i progetti scolastici sia per la formazione dei docenti, auspicando l’avvio di un percorso educativo che coinvolga scuola e famiglie. E anche lui, immancabile, parla di differenze come ricchezza. Ma come si pongono le sue parole con la sua storia di aperta ostilità nei confronti di quelle iniziative contro l’omo-transfobia proprio a scuola?
Bene che la ministra abbia voluto avviare questa iniziativa per il benessere della popolazione scolastica, incentrandosi su temi come la lotta al razzismo e agli squilibri di genere, cominciando proprio dal rispetto delle donne. Tutto meritorio e su questo nulla da dire. Ma se vogliamo davvero essere rispettosi e rispettose delle differenze, occorrerebbe non aver vergogna a menzionarle tutte. Fedeli stessa, infatti, ha fatto notare alla giornalista all’inizio del dibattito come fosse importante nominare il femminile delle professioni se vogliamo la piena parità. Principio che la ministra ha però preferito non applicare alla popolazione Lgbt del nostro paese, anche quella che vive ogni giorno tra i banchi.
Forse Valeria Fedeli, per non dispiacere a Toccafondi e alle sue groupies del “no-gender”, ha dimenticato una delle fasce più deboli della popolazione studentesca. Perché quel silenzio è violento esattamente quanto un insulto gridato in un corridoio. C’è da augurarsi che il futuro dell’iniziativa sia meno grigio della presentazione di una campagna che è manchevole del concetto di rispetto verso giovani lesbiche, gay, trans e persone non binarie. Persone che hanno la stessa dignità sociale di chiunque altro. Com’è scritto sulla Costituzione, per altro.
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