Di Radio Globo avevamo già parlato, qui su Gaypost, riguardo l’episodio di sessismo durante la trasmissione The Morning Show, condotta da Massimo Vari e Roberto Marchetti. Si sperava che la cosa si concludesse con delle scuse da parte dei due – a volte saper dire “ok, raga’, abbiamo fatto una boiata, perdonateci” è indice di una profonda intelligenza (anche politica) – e invece, a quanto pare, la vicenda non solo continua, ma è addirittura degenerata.
Andando sulla fan page della radio, su Facebook, si può trovare infatti il rap Andiamo ad abbaiare – parodia del tormentone di Fabio Rovazzi – il cui testo, pubblicato poi sul sito, lascia poco spazio a qualsiasi immaginazione. Ma andiamo per ordine. E siccome di mestiere faccio il prof di italiano, oggi farò una piccola analisi del testo. L’incipit della canzone, in primis: «Ho un problema con la tipa, la capisco a metà / ogni tanto mentre parla c’è un suono che fa…» a cui segue il verso del miglior amico dell’uomo, chiaro e pioneristico riferimento che lega l’esser donna all'”esser cagna”. Saper essere originali, d’altronde, è un dono. Ma non finisce qui.
«E ogni volta mi manda le foto su WhatsApp / con la chiappa di fuori e soltanto un push up» continua la canzone, promettendoci da subito vette poetiche da far impallidire ogni Parnaso, vecchio e nuovo, fino al piccolo capolavoro di rimozione, tra una rima sbilenca e un’immagine letteraria da peggiore bar di Ostia Lido, che sta nella parte iniziale del ritornello «Non so se vo’ ‘r c@##o / O sono ingenuo», dove il riferimento al fallo maschile, in quello che è un profluvio di volgarità, viene invece censurato (e qui Freud avrebbe tanto da dire, in merito).
Il rap continua con «No, non sono cagna» concetto che evidentemente i nostri due eroi sentono di non aver approfondito abbastanza, con altri esiti dove il legame femmineo-cagnesco viene ulteriormente ripreso in «Col guinzaglio vanno al mare / andiamo ad abbaiare» o ancora «Croccantini col caviale / Andiamo ad abbaiare» e senza risparmiare una stoccata al femminismo, come quando cantano «Lei l’8 marzo è pericolosa / Esce con le amiche / E ha in mano la mimosa!». A corredare il tutto, infine, i commenti di ascoltatori e (ahinoi) ascoltatrici che vanno da ulteriori insulti a chi fa notare la volgarità della cosa – e, vi stupirà scoprirlo, un fan ha commentato con “bau!” – a chi si lamenta dell’incapacità di saper apprezzare la “satira”.
Credo che di fronte a certi fatti ci sia poco da dire: ognuno si qualifica per ciò che pensa e per come agisce e se i due conduttori credono di poter ricondurre l’universo femminile alla semplificazione cavalcata sino ad ora – e no, ragazzi/e che seguite Radio Globo, se ho scritto “cavalcata” non sto alludendo a chissà quali peripezie erotiche, è solo una metafora ok? – vuol dire che per loro quello è il concetto che hanno dell’esser donna: qualcuno che non è pienamente umano. E ci spiace per le loro madri, le loro compagne o mogli, le loro figlie, colleghe e amiche. Avere qualcuno di così vicino che quando ti guarda pensa alla pubblicità dei croccantini non deve essere il massimo. Su questo penso che si possa essere d’accordo, tutti e tutte.
È un po’ triste, invece, pensare a quelle donne che seguono la radio e che accettano la semplificazione messa in atto (insieme alle offese) come forma di rappresentazione della realtà femminile. Una donna – femminista o meno –che ha coscienza di sé non ha bisogno di uscire l’8 marzo con la mimosa in mano insieme alle amiche. Lo fa, più semplicemente, tutto l’anno. Senza nessuno che le dia il permesso e senza fiori al seguito, per altro. E a chi pensa che la riduzione cinofila della donna sia satira – sì lo so, ragazzi e ragazze che seguite il programma e che vi siete imbattuti in questo post: starete pensando “ma come cazzo parla questo?” – ricorderei che è satira ciò che attacca il potere per deriderlo, non certo chi lo ingrassa (e alludo al maschilismo imperante) perpetuando lo stereotipo. Ma per capire tutto questo ci vuole, appunto, cultura. Che non si sposa propriamente con le umane vicende del Pulcino Pio.
Infine, concludo con una considerazione. Mi rendo conto che i due conduttori si devono esser sentiti fighi da morire nel fare questo rap, nell’averlo proposto, nell’aver ottenuto migliaia di like e di condivisioni. Devono essersi sentiti molto “maschi”, con ogni probabilità. Il problema è che per essere uomini veri ci vuole ben altro. Ma lasciamoli abbaiare. Evidentemente sono questi gli strumenti di cui sono dotati.
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