Come anticipato qualche giorno fa, ieri alcuni parlamentari hanno depositato un quesito referendario che riguarda la legge sulle unioni civili. La proposta del comitato referendario è molto semplice: abolire tutta la parte che riguarda le unioni civili e lasciare in piedi solo le convivenze di fatto a cui possono accedere sia le coppie dello stesso sesso che quelle eterosessuali. Il testo del quesito, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, inizia così: “Volete che sia abrogato l’art. 1 della legge 76/2016 limitatamente ai commi…” segue l’elenco di ogni singolo comma della legge dall’1 al 35, ovvero tutti quelli che riguardano le unioni civili, dall’istituzione alla regolamentazione dei singoli diritti e doveri. Resterebbe fuori solo la parte che riguarda le convivenze di fatto.
Secondo i promotori del referendum, dunque, basterebbero le convivenze di fatto a soddisfare le richieste della Corte Costituzionale.
La domanda è, naturalmente: è ammissibile un quesito del genere?
Nel nostro caso, questo significa che la Corte dovrà valutare se, abolite le unioni civili, sarà comunque tutelato “il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri” come previsto dalla sentenza 138/2010 della stessa Corte costituzionale citata dall’onorevole Roccella.
“Non solo. Un altro dei punti su cui la Corte dovrebbe interrogarsi nel valutare l’ammissibilità del quesito – continua Schillaci – riguarda la sentenza Oliari della Corte Europa dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia per il mancato riconoscimento delle unioni omosessuali. Un eventuale esito positivo del referendum, sarebbe in contrasto con quella sentenza e dunque con gli obblighi che gravano sull’Italia per effetto della Convenzione europea?
In sostanza, mente le unioni civili riconoscono legittimità giuridica alla coppia, che è qualcosa di più di due individui che la compongono, le convivenze di fatto non arrivano a tanto.
Il tentativo dei promotori del referendum insomma, è perfettamente in linea con quanto fin dall’inizio hanno dichiarato: riconoscere diritti individuali delle persone dello stesso sesso che vivono una relazione, senza che questo significhi riconoscere loro la dignità di coppia né, tanto meno, di famiglia.
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