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Unioni civili: cosa prevede il referendum abrogativo? Ed è ammissibile?

Come anticipato qualche giorno fa, ieri alcuni parlamentari hanno depositato un quesito referendario che riguarda la legge sulle unioni civili. La proposta del comitato referendario è molto semplice: abolire tutta la parte che riguarda le unioni civili e lasciare in piedi solo le convivenze di fatto a cui possono accedere sia le coppie dello stesso sesso che quelle eterosessuali. Il testo del quesito, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, inizia così: “Volete che sia abrogato l’art. 1 della legge 76/2016 limitatamente ai commi…” segue l’elenco di ogni singolo comma della legge dall’1 al 35, ovvero tutti quelli che riguardano le unioni civili, dall’istituzione alla regolamentazione dei singoli diritti e doveri. Resterebbe fuori solo la parte che riguarda le convivenze di fatto.

A chi le ha chiesto come mai non abbiano chiesto l’abrogazione di tutta la legge, Eugenia Roccella (Idea) ha risposto così su Facebook: “Perché la Corte costituzionale, con una sentenza del 2010, ha stabilito che all’unione omosessuale, ‘intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso’, spetta ‘il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone (…) il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri‘. Con l’abrogazione parziale diamo attuazione alle richieste della Consulta, senza approdare alla sostanziale equiparazione con il matrimonio, come invece fa la Cirinnà. Se abrogassimo tutta la legge si porrebbe il problema di farne un’altra”.
Secondo i promotori del referendum, dunque, basterebbero le convivenze di fatto a soddisfare le richieste della Corte Costituzionale.
La domanda è, naturalmente: è ammissibile un quesito del genere?

“Non si possono fare previsioni sul giudizio di ammissibilità – spiega a GayPost Angelo Schillaci, ricercatore presso l’Università La Sapienza di Roma -, ma possiamo fare riferimento a precedenti della Corte costituzionale su referendum in materia analoga, cioè che riguardino i diritti”. “Ad esempio, quando venne proposto il referendum che chiedeva l’abrogazione dell’intera legge 40 del 2004 in tema di procreazione assistita – continua Schillaci – la Corte decise per l’inammissibilità perché il testo tutelava (sia pure con molti limiti, come poi si è visto) alcuni diritti che riguardano la salute e la procreazione che, abrogata la legge, sarebbero rimasti completamente privi di protezione, così violando non solo la Costituzione, ma anche la Convenzione di Oviedo”.
Nel nostro caso, questo significa che la Corte dovrà valutare se, abolite le unioni civili, sarà comunque tutelato “il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri” come previsto dalla sentenza 138/2010 della stessa Corte costituzionale citata dall’onorevole Roccella.

“Non solo. Un altro dei punti su cui la Corte dovrebbe interrogarsi nel valutare l’ammissibilità del quesito – continua Schillaci – riguarda la sentenza Oliari della Corte Europa dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia per il mancato riconoscimento delle unioni omosessuali. Un eventuale esito positivo del referendum, sarebbe in contrasto con quella sentenza  e dunque con gli obblighi che gravano sull’Italia per effetto della Convenzione europea? Vale la pena ricordare che la Corte europea ha stabilito che, in assenza di matrimonio egualitario, le coppie dello stesso sesso ‘abbiano particolare interesse a ottenere la possibilità di contrarre una forma di unione civile o di unione registrata, dato che questo sarebbe il modo più appropriato per poter far riconoscere giuridicamente la loro relazione e garantirebbe loro la relativa tutela – sotto forma di diritti fondamentali relativi a una coppia che ha una relazione stabile – senza ostacoli superflui’. La Corte europea parla espressamente di riconoscimento giuridico dell’unione – e non di diritti individuali – perché ciò conferisce ‘senso di legittimità delle coppie omosessuali’. Lo stesso non si può dire delle convivenze di fatto che non riconoscono la coppia, ma solo diritti e doveri personali dei partner in virtù di una situazione di fatto che è la convivenza”.

In sostanza, mente le unioni civili riconoscono legittimità giuridica alla coppia, che è qualcosa di più di due individui che la compongono, le convivenze di fatto non arrivano a tanto. La domanda fondamentale, dunque, a cui la Corte dovrà dare risposta nel decidere sull’ammissibilità del referendum è: lasciare le sole convivenze tutela i diritti sanciti dalla sua stessa sentenza e da quella della Corte europea oppure no? “Se leggiamo con attenzione la sentenza 138 – conclude Schillaci -, e diamo il giusto peso al concetto di riconoscimento della coppia, anche alla luce della sentenza Oliari contro Italia, direi che ci sono ottime ragioni per sostenere l’inammissibilità del quesito”.

Il tentativo dei promotori del referendum insomma, è perfettamente in linea con quanto fin dall’inizio hanno dichiarato: riconoscere diritti individuali delle persone dello stesso sesso che vivono una relazione, senza che questo significhi riconoscere loro la dignità di coppia né, tanto meno, di famiglia.

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