hSecondo un nuovo studio è più probabile per i rifugiati Lgbt+ ottenere asilo se rientrano negli stereotipi occidentali dell’omosessuale “visibile”.
I migranti Lgbt+ hanno più possibilità di venire accolti in un paese europeo se possono dimostrare di aver partecipato a Pride, aver frequentato club oppure essere stati coinvolti in situazioni di attivismo nel proprio paese di origine. Lo studio è stato condotto dall’Università di Bristol e si basa su un campione d’interviste a richiedenti asilo provenienti da Tunisia, Siria, Libano, Iran e Pakistan che hanno presentato la domanda di protezione in Germania.
Le uniche domande ad aver avuto successo sono quelle che contengono all’interno storie che “si sono allineate alle nozioni occidentali di stili di vita lgbt, vale a dire frequentare club lgbt, esibire pubblicare il proprio orientamento sessuale o identità di genere, magari indossare abiti arcobaleno che rivelano un codice comportamentale ecc”, dichiara la dott.ssa Mengia Tschalaer, dell’Università di Bristol, pubblicata sulla rivista Ethnic and Racial Studies.
I casi elencati sono diversi, come quello del ragazzo iracheno che ha visto respinta la propria domanda di protezione dalle autorità austriache che hanno definito il suo orientamento sessuale costruito perché “troppo femminile”.
Secondo quanto riferito, il 27enne non avrebbe convinto i funzionari: “comportamento non autentico”, domanda respinta.
Una metodologia che viene applicata in tutta Europa. Anche i Gran Bretagna i richiedenti faticano a fornire una prova adeguata della loro sessualità. La percentuale di richieste di asilo da parte di membri della comunità Lgbt+ che sono state respinte dal Ministero degli Interni è cresciuta negli ultimi anni. Basta analizzare i dati del governo pubblicati lo scorso anno.
In totale, il 78% delle domande di asilo che includevano un riferimento all’orientamento sessuale sono state respinte.
Lo studio del dottoressa Tschalaer svela che le persone più aperte riguardo alla propria sessualità e identità di genere nel loro paese di origine e nel paese di arrivo avevano molte più probabilità di ottenere asilo. Erano, infatti, preparati naturalmente a sostenere un colloquio fatto di aspettative tutte occidentali su cosa dovrebbe fare e o dire una persona omosessuale.
“Chi nel proprio paese di origine è stato costretto a nascondere la propria sessualità o identità di genere ha visto la propria domanda respinta, così come quelli che erano sposati o avevano figli nel proprio paese” dichiara.
Leila Zadeh, direttrice del gruppo di immigrazione gay e lesbica del Regno Unito (UKLGIG), ha esortato i governi europei a “smettere di riconoscere l’asilo alle persone Lgbt+ sulla base di una biografia in linea con gli stereotipi occidentali”. Affidandosi a The Independent sottolinea: “La ricerca di UKLGIG ha similmente scoperto che il Ministero degli Interni ha più volte rifiutato lo status di rifugiato alle persone Lgbtqi+ che hanno difficoltà a parlare del loro orientamento sessuale. Dimenticano che in molte parti del mondo è vietato parlare di emozioni e relazioni tra persone dello stesso sesso. Non avendo dimestichezza con terminologie e storie spesso le persone Lgbt che richiedono protezione non riescono a convincere chi esamina le richieste di asilo. I governi europei dovrebbero smettere di basare decisioni sull’opportunità di concedere asilo a persone LGBTQI + basate sulla capacità di una persona di articolare una “storia convincente” in linea con gli stereotipi occidentali”.
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