Un attacco diretto a Russian Lgbt Network, la rete paralegale Lgbt russa che in questi tre anni ha salvato centinaia di persone Lgbtqi perseguitate in Cecenia.
La denuncia arriva da Human Rights Watch. E’ successo tutto il 17 maggio. Un giorno non casuale per la comunità Lgbt (giornata mondiale contro l’omotransfobia). Sette uomini avrebbero fatto irruzione nell’appartamento di San Pietroburgo di uno dei loro volontari della rete. La perquisizione dell’appartamento e poi minacce e percosse. Secondo la vittima erano alla ricerca del coordinatore del programma di emergenza della rete LGBT russa, David Isteev, e di una donna cecena lesbica attualmente in fuga e sotto protezione degli attivisti. Agenti di polizia? Forse. Gli assalitori si sarebbero rifiutati di mostrare i propri documenti. Una modalità che ricorda molto la zaciskà tipica in Cecenia: militari che abusando del loro potere senza mandato irrompono nelle case dei cittadini per minacciare, aggredire e derubare.
“La rete LGBT russa è stata una risorsa vitale per gli uomini gay che sfuggono alla brutalità dell’epurazione della Cecenia“, ha affermato Graeme Reid , direttore del programma per i diritti LGBT di Human Rights Watch. “Il governo russo, che ha continuato a indagare su cosa sta succedendo in Cecenia, deve porre fine agli attacchi contro le persone che forniscono servizi salva vita alle vittime”.
Non è la prima volta che lo staff di attivisti Lgbt russo viene preso di mira.
Il 29 gennaio, Igor Kochetkov presidente della rete ha presentato un rapporto alle autorità russe carico di minacce e insulti. Tra questi un video di YouTube dove Ali Baskhanov, leader di un gruppo filogovernativo in Cecenia, definisce Kochetkov un “figlio del diavolo” e una “bestia”, invitandolo a stare lontano dalla Cecenia, con un avvertimento: la Cecenia potrebbe diventare la sua “tappa finale”.
Hanno abbandonato, intanto, la Russia i giornalisti di Novaya Gazeta, quotidiano inviso al Cremlino, dopo aver raccontato l’inferno di torture e uccisioni delle persone Lgbt in Cecenia. Tra loro c’è l’inchiestista Elena Milashina che al momento si trova “in un luogo sicuro” sotto il peso di minacce di morte e sotto l’incalzante omertà delle autorità russe.
“L’impunità aberrante per le epurazioni delle persone Lgbt in Cecenia non dovrebbe essere ripetuta altrove in Russia”, ha detto Reid. “Gli attivisti di Russian Lgbt Network stanno portando un lavoro salva vita e dovrebbero essere protetti da minacce e attacchi”.
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