L’odio in rete ha molte facce e una di queste è lo shitstorm. Certo, da una parte c’è la lectio salviniana, che mette alla gogna la ragazza di turno che osteggia o irride il “capitano”. Poi c’è pure lo sciame populista di commenti che si riversano contro quelle categorie di persone percepite come appartenenti a una minoranza – chiedete a Liliana Segre, ad esempio – e, di conseguenza, attaccabili sul piano umano. E poi ci sono forme più sotterranee, ma ugualmente perniciose. Poniamoci una domanda: mettere al centro della polemica qualcuno solo perché ha espresso un’opinione contraria a una narrazione dominante, soprattutto se si ha grande visibilità (e quindi maggiore “potenza di fuoco”) potrebbe essere considerato “odio” tanto quanto?
Tutto nasce con l’intervento di Lorenzo Donnoli ad Agorà, nella puntata del 13 gennaio. Al portavoce delle Sardine viene chiesto un parere sulla situazione politica attuale. Ad un certo punto, la presentatrice gli chiede di fornire un giudizio su Renzi. Le parole di Donnoli non sono di certo quelle che il leader di Italia Viva ama sentirsi dire. «Renzi rappresenta la sconfitta del centrosinistra, cioè la sconfitta a livello politico, di comunicazione» dichiara. E quando gli fanno notare che all’ex premier si deve la legge sulle unioni civili, ricorda che quel risultato si è ottenuto con la tristezza della mediazione al ribasso con Alfano. E che contrariamente ad altri paesi, dove si può adottare e dove ci si può sposare, noi siamo fermi a un modello obsoleto di riconoscimento dei diritti. Ha forse detto una menzogna? Donnoli, intanto, il giorno dopo tornerà sul caso proprio sul suo profilo.
Intanto il leader di Italia Viva non ci sta. E affida il suo sfogo a Twitter, scrivendo: «La sardina va in TV per attaccarmi persino sui diritti. Con noi l’Italia ha avuto le unioni civili, il dopo di noi, la legge sull’autismo, il terzo settore, il REI e molto altro. Le Sardine sbagliano Matteo: tenetevi i pregiudizi, noi teniamo le nostre leggi di civiltà». Un intervento, c’è da dire a onor del vero, che non si può assimilare ai tentativi della “bestia” di dare i propri oppositori in pasto al pubblico. Le parole di Renzi sono apparentemente misurate, eppure portano addosso diverse criticità. Lo stesso si può dire delle reazioni che si registreranno, in direzione della “sardina”. Vediamo cosa è successo.
A denunciare la cosa è Simone Alliva, sempre sui social. In un primo momento scrive: «Ecco l’attacco del bullo. Invece di ascoltare e capire in silenzio». E fa notare ancora Alliva: «La lingua corrisponde a un pensiero profondo. Il suo social media manager» prosegue sempre su Twitter «che altro non sa fare che usare la clava per colpire può solo disprezzare. Purtroppo per loro lontano dal pc restano quelli del forse 4% (e chissà come mai)». Un giudizio sferzante, sicuramente. Parole che non piacciono, evidentemente, ai seguaci del “Matteo sbagliato”. Le critiche, che fino a quel momento sono state riservate a Donnoli, accusato di ingratitudine e presbiopia politica colpiscono anche il giornalista.
La polemica continua: «Pare che i responsabili social di un ex premier abbiano dato ordine di attaccare il sottoscritto» denuncia Alliva. «Un tweet, un insulto. Mi fanno sorridere perché poi fanno barricate su troll, fake news e odio in rete. Che paura c’è in giro delle parole! E che ricerca rabbiosa di un bersaglio». Non sono poche le persone che sposano la lettura di Donnoli: «Nella sgradevolissima polemica renziani-sardine hanno totalmente ragione le sardine» scrive Chiara Geloni, condividendo alcune pagine del suo libro Titanic. «È tutto raccontato qui, da pagina 91 in poi, su #Titanic. Sono state tra le pagine più difficili da scrivere, ma sono contenta oggi perché so che sono state capite da diverse persone che stimo». Giulia Blasi, intanto, sotto la bacheca di Renzi dà lezione di rispetto delle persone, ricordando: «Si chiama Lorenzo Donnoli, non “la sardina”».
Continuano le attestazioni di solidarietà per “la sardina”. «Lorenzo Donnoli può aver detto cose che non si condividono» scrive su Facebook Gianmarco Capogna, di Possibile «ma è diritto di critica cosa che, a quanto pare, risulta sconosciuta. Chiamarlo “sardina” e non per nome, aggiunge, poi, una certa aria di superiorità e disinteresse che la classe politica, proprio in quanto tale, dovrebbe abbandonare completamente». In area dem, si leva la voce di Angelo Schillaci: «Rilevare (ed è semplicemente storia) che la legge sulle unioni civili sia il risultato di un compromesso, necessitato, al ribasso […] non equivale ad affermare che quella legge non serva a nulla, o che si stesse meglio prima. Ma questo i tifosi non riescono a capirlo, mai. Perché la loro capacità di lettura e comprensione dei testi è sistematicamente obnubilata da tributi di fedeltà. […] Solidarietà a chi – sardina o meno – è in queste ore sotto attacco per aver espresso una opinione politica o messo in fila fatti».
Al di là di come evolverà questa vicenda (e di come, speriamo, si sgonfierà), dovrebbe essere nell’interesse dei personaggi politici auspicare un uso più responsabile della rete. Evitando, in primo luogo, di sovraesporre quegli esponenti della società civile, “colpevoli” di aver contraddetto la narrazione dominante (sulle unioni civili nel caso specifico). Educando, poi, i propri supporter (e anche se stessi) ad accettare il dissenso, sale della democrazia. E cercando di comprendere che lo shitstorm (organizzato?) contro chi viene percepito come “oppositore” del leader è un fenomeno già abbastanza preoccupante – per dinamiche e dimensioni – che andrebbe sempre evitato. Anche perché, se questi sono i presupposti, diventa difficile, poi, capire chi è il Matteo “giusto” (ammesso che esista un Matteo a cui dare fiducia). Lo dica questo, Renzi, ai suoi supporter. O quanto meno ai suoi social manager.
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