Non c’è pace nelle scuole italiane. Ogni volta che i ragazzi tentano di organizzare iniziative che affrontino i temi della diversità e dell’inclusione, si accende la polemica. Se ieri è stato il turno di un liceo milanese, oggi tocca ad un istituto di Pontedera, in provincia di Pisa, il liceo XXV Aprile.
In realtà, la polemica sulla stampa locale va avanti da giorni alimentata solo dai continui comunicati stampa del “Comitato famiglia, scuola educazione”, un’organizzazione di Pisa che niente ha a che fare con la scuola di Pontedera. Pare infatti che non ne facciano parte genitori dei ragazzi che frequentano l’istituto.
Ma andiamo con ordine.
Nei primi tre giorni di febbraio si sono svolti al XXV Aprile una serie di incontri, seminari e laboratori nell’ambito delle cosiddette “giornate alternative”. Il macrotema scelto dai ragazzi era “Diritti, diversità, discriminazione e inclusione” con focus specifici su disabilità, tematiche di genere e immigrazione.
Tra le organizzazioni invitate dai ragazzi ad affrontare questi temi, anche il comitato pisano di Arcigay. Apriti cielo. Al Comitato Famiglia Scuola e Educazione pisano la presenza dell’associazione lgbt proprio non è andata giù perché, dicono, i titoli degli incontri e la presenza degli attivisti “lasciano trasparire chiaramente riferimenti all’ideologia gender”. Per questo, sempre secondo il Comitato, sarebbe stato necessario un contraddittorio.
Ma qual era il tema affrontato da Arcigay negli incontri con i ragazzi? “Da anni, in queste occasioni, portiamo nelle scuole un’attività di formazione non formale – spiega a Gaypost.it il presidente di Arcigay Pisa Daniele Serra -. Da qualche anno a questa parte, ogni volta c’è una polemica“. Abbiamo chiesto a Serra in cosa consiste questa formazione. “Si tratta di una spiegazione di quale sia il linguaggio corretto da usare quando si parla di persone lgbti+ – spiega -. Sembra banale, ma in molti ragazzi c’è la convinzione che termini come transgender o lesbica siano un insulto. Noi non facciamo che spiegare loro che non è così, che sono parole che si possono usare anche in contesti istituzionali. Poi spieghiamo anche l’origine delle parole che, invece, sono insulti”.
“Diamo strumenti – continua – illustriamo la differenza tra omosessuale e transessuale, ad esempio. Non sono incontri in cui si parla di educazione sessuale o all’affettività, né di contraccezione. Inoltre non sono lezioni frontali e c’è molto scambio con i ragazzi che sono liberi di fare le domande e porre le perplessità che vogliono”. Vale la pena sottolineare che gli incontri tenuti da Arcigay sono stati due, di due ore ciascuno e con un massimo di 25 studenti e studentesse per volta che si sono volontariamente iscritti.
Qualche giorno prima del primo incontro, quello dell’1 febbraio, il Comitato ha contattato al telefono il preside dell’istituto e inviato una mail all’ora di cena. La richiesta era quella di avere delucidazioni su come fosse stata presa la decisione di fare questi incontri e di chi invitare. Il preside ha acconsentito ed invitato il Comitato a partecipare ad un incontro. Sabato mattina, a scuola, oltre al preside i tre rappresentati del Comitato hanno trovato anche i rappresentanti dei genitori in Consiglio d’Istituto. Il confronto è durato un’ora circa, ma alla fine ai tre non è stato permesso di partecipare agli incontri che si stavano svolgendo nella scuola. Apriti cielo, e due.
L’organizzazione pisana non si è certo arresa ed ha continuato il suo battage mediatico, accusando la scuola di irregolarità nell’organizzazione delle “giornate alternative” che, a detta loro, non sarebbero state approvate dal consiglio dei docenti. “I laboratori in corso non erano pubblici – spiega oggi un comunicato stampa firmato dai ragazzi del XXV Aprile, dal preside, dal personale Ata, dai docenti e dai genitori del Consiglio d’Istituto – e nessuno esterno all’Istituto avrebbe potuto prenderne parte”.
Genitori e docenti hanno voluto aspettare la fine della tre giorni per rispondere alle accuse. “Gli argomenti affrontati sono stati pensati e scelti esclusivamente dagli studenti – si legge nella nota diffusa oggi – che, tramite i propri rappresentanti di classe, si sono confrontati prima di riunire la commissione preposta alla organizzazione. Nella fase organizzativa poi studenti e docenti hanno individuato e contattato enti, associazioni e persone che a loro parere potessero fornire spunti di riflessione e stimolare la discussione, sia sull’argomento centrale che su altri, suggeriti dalle diverse aspirazioni ed inclinazioni degli studenti stessi, ed emersi durante gli incontri preparatori con i rappresentanti di classe. Nessun rappresentante di classe, né tra i ragazzi né tra i genitori, ha segnalato perplessità o problematiche agli scriventi”. Una montatura, dunque, tutta esterna alla scuola che, invece, rivendica la correttezza dell’iter.
“Gli incontri – spiega ancora il comunicato -, sia plenari sia a piccoli gruppi/laboratori previa iscrizione, sono stati organizzati da una commissione nominata dal collegio dei docenti, composta da insegnanti e dai rappresentanti degli studenti in Consiglio di Istituto”. Tutto secondo le regole.
Ma c’è di più. Il Consiglio d’Istituto ha colto l’occasione del comunicato per difendere anche nel merito le scelte dei ragazzi. “I ‘giorni alternativi’ – spiega la nota – sono iniziative che, pur non prevedendo necessariamente un contraddittorio, sviluppano senso critico e fame di conoscenza, necessaria alla formazione completa che una scuola pubblica deve fornire ai nuovi cittadini e futura classe dirigente. Respingiamo quindi con fermezza qualsiasi interferenza esterna e prese di posizione ideologiche, che mettano in discussione la libertà dei ragazzi e delle ragazze nell’affrontare i temi che sentono più urgenti, durante attività approvate dagli organi scolastici competenti”.
Riguardo, specificatamente, alle polemiche contro Arcigay, il Cdi sottolinea che “le attività proposte non avevano alcuna necessità di un contraddittorio”. “Voler entrare in modo irregolare nelle attività del nostro liceo – chiude la nota – ci sembra un atto di tracotanza non ulteriormente sopportabile”.
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