Suburra è tornata su Netflix, con la sua seconda stagione. Ritroviamo i protagonisti delle prime puntate, i loro torbidi intrighi e la violenza di quel “mondo di mezzo” che si fa trait d’uniontra vita pubblica e organizzazioni criminali. Una storia che, tuttavia, vuole entrare anche dentro la psicologia dei personaggi, dei cosiddetti “cattivi”. Non certo per giustificarli, ma per capirne le ragioni. Tra questi c’è Spadino, che nella finzione scenica appartiene alla comunità dei sinti. E Spadino custodisce un segreto, accennato nella prima stagione e adesso manifesto, pienamente vissuto: la sua omosessualità. Già dalle prime scene, scopriamo che ha accettato di vivere – con tutte le limitazioni del caso – una storia d’amore. Ed è così che appare il personaggio di Teo, interpretato da Aleph Viola. Gaypost.it lo ha raggiunto e ci ha raccontato la sua esperienza in questa serie tv. Ma attenzione: se non hai visto le nuove puntate, fermati qui. Questo pezzo contiene spoiler.
Cosa ti ha convinto ha interpretare un personaggio gay, in una storia di malavita?
In una serie del genere che, ricordiamolo, funziona perché è una serie che parla di rabbia –anche molto violenta, una rabbia “contro il sistema”, dove non c’è mai bellezza – è raro trovare una storia del genere. Ho voluto interpretare, quindi, una storia in cui c’è appare qualcosa di bello, un sentimento. Sentimento che però viene rifiutato e distrutto in nome del potere.
E poi c’è un’altra ragione…
Sì. Il personaggio che interpreto si chiama, appunto, Teo. Come mio figlio. Appena ho letto il progetto e ho scoperto questo, ho subito accettato.
Cosa c’è in te, di Teo?
Ho cercato il più possibile di capire di cosa avevano bisogno i registi e cosa serviva a me. Volevo raccontare qualcosa che conoscevo, trovare i punti in comune con il personaggio. Tra questi punti di contatto, c’è quello di arrivare sempre dopo, di essere scelto sempre dopo. In questa serie emerge che, per Spadino, la sua provenienza è una condanna. Laddove sembrava ci potesse essere un cambiamento, si scopre che è costretto ad obbedire alle convenzioni della sua famiglia.
Cosa intendi dire, quando affermi che anche tu arrivi “sempre dopo”?
Anche a me è successo di vivere alcune storie in cui arrivavo al secondo posto, con persone in cui i sentimenti si mostravano impossibili da vivere, fino in fondo e fin da subito. In Suburra porto questo: io credo nell’amore, per cui ho scelto di “amare” il più possibile questo ragazzo, Spadino, fingendo di non capire chi fosse davvero. Theo scopre che c’è qualcosa in lui, qualcosa di molto bello e tenero che andava salvato. La cosa che mi lega a Theo, insomma, è questa: cercare sempre la bellezza in ogni cosa.
Quanto è stato faticoso interpretare questo ruolo?
È stato molto duro. A cominciare dalla prima scena che abbiamo girato, la scena di sesso tra Theo e Spadino. È la prima scena di sesso che ho mai girato, ed è stata un’esperienza molto dura, fisicamente parlando e non solo. Noi attori abbiamo dovuto superare i nostri pregiudizi, ma si è creato subito un buon lavoro di squadra, anche con la troupe. Bisognava superare i nostri imbarazzi, la difficoltà che la scena richiede. Abbiamo creato un giusto feeling. L’ultima scena poi, quella della morte di Theo, è stata tragica: anche quella molto dura fisicamente. Abbiamo girato una nottata intera, con il sangue finto addosso. Abbiamo riprovato la scena dieci volte e ogni volta, alla fine, abbiamo pianto. È stato molto intenso.
E quali sono, adesso, i tuoi prossimi progetti?
Riprendo subito con il teatro: partirò per il Lussemburgo, dove partecipo ad uno spettacolo con Fausto Paravidino, La ballata di Johnny e Jille. Poi riprenderò, ancora, la mia collaborazione con la Carrozzeria Orfeo, una compagnia di giovani attori che lavora davvero tanto e ha molto successo. Sono bravi, se lo meritano. E poi altri progetti, ma di questo ve ne parlerò un’altra volta.
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