È lecita l’obiezione commerciale contro gli omofobi. Ad affermarlo è il tribunale di Roma – Sezione Diritti e Immigrazione – che ha dato ragione alle associazioni Gay Center e Arcigay Roma che, dopo aver denunciato mediaticamente le frasi omofobe pronunciate da un conduttore di Radio Globo in un programma del settembre del 2018 e invitato gli sponsor a cessare la loro pubblicità sulla radio romana, erano state citate in giudizio dalla stessa emittente radiofonica.
Lo rende noto il Gay Center in una nota. I fatti: Radio Globo aveva citato in giudizio le associazioni Gay Center ed Arcigay Roma, chiedendo al tribunale, di far cessare l’attività delle associazioni verso gli sponsor, dopo che i referenti delle due associazioni avevano denunciato mediaticamente le parole del conduttore Roberto Marchetti. Infatti, durante la trasmissione mattutina The Morning Show, il conduttore, nel settembre 2018, aveva dichiarato verso una coppia Gay che si baciava: “mi fermo a guardare o perché non siamo abituati a guardare o perché semplicemente non è normale e provavo anche un certo disgusto”, al quale era seguita la presa di distanza dalle associazioni, e la successiva campagna verso gli sponsor per chiedergli di cessare le loro pubblicità su Radio Globo.
Nel motivare il provvedimento il tribunale scrive che “in seguito alla divulgazione, da parte di una emittente largamente diffusa in ambito locale, di una esternazione dal contenuto apertamente offensivo e discriminatorio nei riguardi della comunità Gay, ed a fronte del sostanziale diniego da parte della proprietà di assumere apertamente una posizione critica nei riguardi dell’accaduto, i resistenti (Gay Center e Arcigay Roma, ndr) hanno rivolto ad artisti ed operatori economici un appello ad interrompere la loro collaborazione economico professionale con la radio. Le richieste non sono state formulate con toni impropri, con modalità violente, minacciose o scorrette – spiega il tribunale -, ne con argomenti di pressione volti a coartare la formazione del convincimento dei destinatari della comunicazione, ma sono rivolte in forma di mero invito all’obiezione commerciale; neppure si può affermare che i comunicati si fondino sulla diffusione di notizie false, giacche la richiesta e in ogni caso sempre direttamente correlata alla vicenda più volte ricordata e non fondata su generiche accuse di omofobia; e se e vero che la condotta offensiva di un singolo dipendente della radio non necessariamente doveva ritenersi espressiva del pensiero dell’intera proprietà, e vero anche che nessuno dei comunicati seguiti agli avvenimenti del 7 settembre 2018 sembra manifestare la minima solidarietà nei riguardi degli enti rappresentativi della comunità Gay che avevano sollecitato in tal senso la società”.
Per il tribunale “tali comunicati si limitano infatti a respingere con fermezza le accuse di omofobia, facendo leva sulle diverse iniziative di segno opposto assunte nel tempo dalla radio, senza tuttavia esprimere alcuna efficace presa di distanza dalle specifiche e gravi affermazioni del conduttore Marchetti, rese peraltro attraverso un mezzo di comunicazione particolarmente pervasivo. La reazione critica delle parti resistenti appare dunque giustificata dall’intento di ribadire che la scelta della proprietà di non esprimere alcuna valutazione negativa in merito alle infelici espressioni utilizzate dallo speaker, non poteva ritenersi mera espressione di neutralità, ma finiva per legittimare quanto accaduto e contribuire cosi – sia pure indirettamente- ad alimentare una cultura discriminatoria, per quanto sino ad allora estranea alla linea dell’emittente”.
Le associazioni difese rispettivamente dagli avvocati Silvia Claroni per Gay Center e Salvatore Simioli per Arcigay Roma, hanno avuto ragione dal Tribunale di Roma che ha definito “lecita l’obiezione commerciale”. “Oggi il Tribunale Civile di Roma ci dà ragione, affermando che è “lecita l’obiezione commerciale” e condanna Radio Globo alle spese processuali, dichiara Fabrizio Marrazzo, portavoce GayCenter, “affermando che la nostra azione è stata legittima e che la radio non prendendo di fatto le distanze dal suo speaker, non può lamentarsi delle nostre azioni. Questa sentenza è molto importante perché per la prima volta stabilisce come legittima l’azione delle associazioni Gay contro le attività discriminatore di un media“.
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