di Luca Iacovone
Immaginate di trovarvi dentro un locale dalle pareti bianche e blu, gremito di persone interessanti e strane, ai cui muri sono appese opere d’arte, disegni, foto di nudo, di paesaggi, d’interni o di sesso, e dove da alcuni schermi vengono proiettati corti artistici e video di sesso amatoriale; dalla radio suona la musica che gli ospiti del locale hanno scelto di far ascoltare agli altri, mentre, seduti su letti o su comodi divani, si scambiano opinioni e dubbi, discutono sulla propria identità sessuale o su come preferiscono fare sesso, su cosa hanno letto ultimamente o su qualsiasi altra cosa venga loro in mente. Tutto questo, sotto forma di app, si chiama Tumblr, e tutto questo, tra qualche giorno, non esisterà più.
In migliaia si sono dichiarati sconcertati dalla decisione, sottolineando come paradossalmente nessuna censura fosse stata attivata nei confronti di quegli account che sostengono idee neonaziste. Molti hanno proposto iniziative di boicottaggio, cancellazione di massa o migrazione in altri social secondo loro più disposti a ospitare la libera espressione della propria sessualità. Tumblr ha costituito negli anni un fenomeno particolare. Nata come una sorta di officina creativa per la condivisione di archivi personali di immagini, testi e video di alta qualità, nel corso del tempo si è tramutata in un contenitore di sesso amatoriale, nudo artistico, contenuti sex-positive, una commistione del tutto particolare di sesso e arte, scambio di opinioni sulla sessualità e la cultura queer, dove le minoranze LGBTQIA erano ben accolte e potevano liberamente condividere le proprie ansie, le proprie idee, vittorie, piaceri o feticismi.
È possibile, in effetti, trovarvi qualsiasi cosa e discutere su tutto. Persone LGBTQIA, sex workers, ragazzi queer, avevano trovato, un po’ per caso, uno spazio per poter parlare e condividere le proprie idee senza essere giudicati, creando un vero e proprio archivio, un’enciclopedia disorganizzata e multiforme di arte, sesso e scrittura. Alcuni utenti hanno scritto che è proprio su Tumblr che hanno imparato a convivere felicemente con il proprio corpo, perché potevano abitare in uno spazio aperto di accettazione e sperimentazione che nel mondo reale non erano riusciti a trovare e che li faceva sentire meno soli.
Tobi, per esempio, scrive che Tumblr e i suoi utenti gli hanno mostrato nuove prospettive: «Per me come persona queer e fortemente introversa, questo sito è stato un luogo sicuro per esplorare me stesso e rendere me stesso udibile, qualcosa che raramente ho raggiunto nella mia vita quotidiana». Fa un po’ impressione leggere gli sfoghi e le testimonianze degli utenti delusi che in queste ore stanno iniziando a cancellarsi dal social. Una nota li accomuna: la consapevolezza che le persone queer sono state di nuovo private di uno spazio di libertà e ci sarà da chiedersi, come fa il Guardian, «cosa questi cambiamenti potranno significare per le comunità marginalizzate che hanno trovato, all’interno della posizione più tollerante di Tumblr verso materiale legale per adulti, un paradiso sicuro per esplorare la loro sessualità e identità di genere» .
A differenza di Twitter, che ha conosciuto il fenomeno contrario dello hate speech e la cancellazione di masse di utenti perché non si sentivano sufficientemente protetti e rispettati, Tumblr è riuscito nell’impresa di cacciare gli utenti dalla propria piattaforma perché proprio lì avevano trovato un luogo dove imparare a accettare sé stessi e gli altri. La forte censura che il 17 dicembre cadrà come una ghigliottina sulla testa di Tumblr, e su migliaia e migliaia di archivi queer, mette in luce ancora una volta la necessità di creare qui e ora spazi quotidiani di accettazione e libertà, dove chiunque possa sperimentare i propri piaceri e la propria sessualità e sentirsi parte di una comunità in cui si è accolti invece che respinti.
La speranza è che questo luogo si possa creare non (solo) su una piattaforma online privata, ma nelle nostre strade, nelle città, in spazi che possano costituire dei rifugi e dei contenitori di testimonianze, di materiale per riconoscerci e poter dichiarare apertamente cosa siamo e cosa ci piace fare, in microcomunità aperte alla sperimentazione e alla condivisione.
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