È stata uccisa ieri Marielle Franco, attivista trentottenne del Partito Socialista e della Libertà (PSOL) e dichiaratamente lesbica. La donna è stata assassinata nel centro di Rio de Janeiro, insieme al suo autista mentre tornava a casa dopo una manifestazione per i diritti delle donne afrobrasiliane. La donna amava definirsi, come riporta Il Fatto Quotidiano, «nera, lesbica e attivista politica, madre a 19 anni e femminista».
Nata e cresciuta nella favela della Maré, aveva studiato sociologia e dopo la laurea si era dedicata alla carriera politica, divenendo assessora per la sua città. Da sempre vicina alle esigenze e alle istanze degli ultimi, ha lottato per i diritti umani e negli ultimi tempi aveva denunciato gli abusi della polizia, parlando di alcune esecuzioni sommarie proprio nei quartieri più disagiati. Di certo, la sua attività dava anche fastidio alla criminalità locale.
Ieri, dopo una conferenza sui diritti delle donne nere in Brasile, l’attivista si è allontanata con la sua macchina ma è stata raggiunta da un’altra vettura che ha eseguito una vera e propria esecuzione. Il mondo politico brasiliano si è dichiarato sconvolto e sdegnato per l’accaduto e le forze politiche auspicano una collaborazione tra forze locali e polizia federale per fare luce sull’accaduto.
Molto ferma anche la reazione di Amnesty International, che in un comunicato ufficiale ha chiesto «un’indagine immediata e rigorosa», affinché «non ci siano dubbi sul contesto, le motivazioni e gli autori» del brutale omicidio di Marielle Franco. Intanto anche la città è sconvolta e stanno arrivando moltissimi messaggi di cordoglio e di protesta da parte del mondo dell’attivismo e da parte mi moltissimi intellettuali che fanno pressioni sul governo affinché quest’omicidio non resti impunito.
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