Ancora polemiche tra MoVimento 5 Stelle e comunità Lgbt: nello specifico, a Udine dopo un post di Maria Elena Porzio, consigliera comunale pentastellata, che attacca l’Ateneo cittadino per il sostegno dato al FVG Pride che si terrà il prossimo 10 giugno.
«Ennesima “disattenzione” del Rettore Alberto Felice De Toni, che dichiara ufficialmente l’appoggio dell’Ateneo di Udine al Gay Pride. Ma perché? Cosa c’entra l’Università con tale manifestazione?» Si domanda la rappresentante grillina, che continua: «Se a dare il proprio supporto è un’Associazione di studenti come l’IRIS, che risulta essere tra gli organizzatori della manifestazione, nulla da obiettare. Ma se a farlo è il rappresentante numero uno dell’Università, colui che dovrebbe fare dell’imparzialità e del “non coinvolgimento politico” una condizione sine qua non, la cosa va meno bene».
Per Porzio «l’Università dovrebbe essere super partes, dovrebbe camminare sulle strade dell’autonomia e della libertà, essere estranea a condizionamenti di ogni genere» e tira in ballo prima «la concessione degli spazi universitari per la festa dell’Unità del PD del 2015», per arrivare – a sentir lei – «a un manifesto schieramento del Rettore a favore del Gay Pride e indirettamente a favore dell’Amministrazione che lo patrocina». In altre parole: se dai il patrocinio al pride, è perché sei vicino al Pd, magari per ottenere una futura candidatura nelle file dello stesso partito, si legge ancora.
Intanto arrivano le reazioni da parte della gay community: «I diritti civili non sono una questione di parte. I diritti civili sono una questione di tutti. Per tutti. Vergognatevi», commenta durissimo Pasquale Videtta. «Grandi raga! Siete riusciti a farvi dare dei pirla da TUTTI. Oh, continuate così!» scrive, ironica, Bianca Mascolino. «“L’ennesima disattenzione” l’hanno evidentemente avuta i vostri elettori LGBT» sentenzia, lapidario, Claudio Zisa. E le polemiche non sembrano destinate a scemare, almeno nell’immediato.
Non ci sta, intanto, Fleris Parente, capogruppo del M5S a Udine: «A chi, con troppa disinvoltura, ci dà dei fascisti e degli omofobi chiediamo: avete letto bene il post di Elena Porzio? Vi è forse un cenno di contrarietà al Pride in sé? Assolutamente NO». Per Parente il problema vero sta nel tentativo del rettore di strumentalizzarlo per tornaconto personale. Ma c’è di più: «Il diritto di tutti alla libertà di espressione è sacrosanto e il Pride ne costituisce un legittimo esercizio. A noi, se possiamo permetterci, piacerebbe che “Pride” fosse tradotto con la più nobile parola “fierezza” […] e proprio per quanto appena detto, riteniamo anacronistiche, nelle parate, certe forme di espressione che sembrano ridurre il diritto di rivendicare il proprio orientamento sessuale in mere esibizioni, spesso volgari, della propria sessualità».
Al di là delle simpatie politiche che si possono provare per questo o quel partito – e chi scrive è equidistante sia dal Pd, sia dal M5S – credo che la questione faccia emergere tre criticità, tutte interne al partito di Grillo.
Innanzi tutto i pentastellati utilizzano, ancora una volta, la questione Lgbt per tentare di fare uno sgambetto al partito rivale – come al tempo del canguro, in Senato, per le unioni civili – ottenendo però solo di rendere ancora più difficile la lotta per l’uguaglianza della gay community. E sarebbe il caso di finirla una volta per tutte con questi giochetti sulla pelle dei diritti delle persone.
Secondo poi: siamo nel 2017 e ancora, dentro certi settori del M5S, si chiama “gay pride” una manifestazione che è plurale, che non riguarda solo un’identità specifica e che coinvolge larghi settori della società, anche esterni alla comunità stessa. Forse, prima di parlare di fierezza e di accettabilità, bisognerebbe capire di cosa si sta parlando. Certi consiglieri grillini, evidentemente, hanno molta confusione sul tema trattato.
Con la questione dell’accettabilità, le accuse di esibizionismo, il perbenismo intrinseco delle parole di Parente, non si va molto lontano dalle accuse delle destre e dei movimenti omofobi contro le nostre manifestazioni. Se il capogruppo grillino sostiene che il suo gruppo appoggia la causa arcobaleno, non credo di avere dati per sostenere il contrario e mi rifaccio alla sua buona fede. Ma le sue argomentazioni, quelle sì, hanno un sapore vagamente (uso eufemismo) omofobo. E anche di questo ne facciamo volentieri a meno.
Concludo ricordando che sentirsi dare lezioni di buon gusto da un partito che basa parte della sua identità sui “vaffanculo” del leader – lo stesso che più volte ha deriso o insultato la condizione delle persone Lgbt – sa di barzelletta, in un paese in cui la politica oscilla, sempre più spesso, tra farsa e tragedia. E forse sarebbe il caso di affrontare determinati argomenti con maggiore serietà, da una parte, e con la dovuta leggerezza dall’altra. Per il bene di tutti e tutte.
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