L’Uganda sembrerebbe essere diventata uno dei posti più pericolosi al mondo per le persone omosessuali. Tra le conferme e le smentite sull’approvazione della legge “Kill the gays”, questo fine settimana la polizia ha arrestato e sottoposto a ispezione anale sedici uomini. L’accusa? Essere gay.
Diane Bakuraira, esponente del Sexual Minorities Uganda, ha raccontato alla Associated Press che questi uomini sono stati arrestati lunedì. Gli arrestati stavano partecipando ad un incontro di una associazione per i diritti civili vicino a Kampala, la capitale. Un agente di polizia avrebbe confermato l’informazione della Ap.
La notizia di questi arresti, arrivata in un momento caldissimo, ha suscitato lo sdegno internazionale. «Le sedici persone arrestate se forzatamente sottoposte a ispezioni anali sono vittime di un odio crescente dovuto alla discussione della legge Kill the gays», ha raccontato Jessica Stern, International Executive Director dell’associazione OutRight . «Chiediamo alle autorità ugandesi di smettere di praticare ispezioni anali che sono equiparabili alla tortura – ha continuato Stern -; chiediamo di rilasciare chi è ancora in custodia e di assicurare che la tanto chiacchierata legge non venga approvata».
Giovedì, infine, i 16 uomini sono tornati in libertà, secondo quanto ha rivelato su Facebook l’associazione Let’s Walk Uganda. Tutti, però, sono accusati di “traffico di persone” e “conoscenza carnale contro l’ordine naturale”.
La discussione di questa legge, sempre secondo Stern, avrebbe aumentato le possibilità di arresti arbitrari e di violenze. L’Uganda è un paese terribile dove essere omosessuali e profondamente ostile. Almeno tre uomini e una donna trans sono stati uccisi in crimini d’odio, mentre una donna è stata massacrata dal suo medico. L’uomo sospettava che si trattasse di una donna lesbica.
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