Come ricordato questa mattina, l’11 maggio 2016 veniva licenziato dalla Camera dei Deputati il testo lungamente discusso e faticosamente approvato in Senato della legge 76/2016 (per molti più familiarmente noto come “legge Cirinnà” dal nome della sua relatrice).
A due anni da quel momento proviamo a fare un breve check su quali sono i diritti acquisiti e sulle zone tuttora grigie (o perfino oscure). Per precisione, va ricordato che il “compleanno” della legge andrebbe festeggiato il 20 maggio, giorno della promulgazione, o ancora il 5 giugno, giorno dell’entrata in vigore.
Pur nella critica, a volte anche feroce, alla legge sulle unioni civili sul suo marcare un “confine” – anche solo per il nome – con il matrimonio, non si può in alcun modo fingere che essa non abbia portato una serie di diritti (che fino ad allora non c’erano) nella vita delle coppie omosessuali, mutuandoli in modo speculare dal matrimonio.
L’esperienza di questi due anni (e lo sguardo lungimirante dei giudici) ha davvero esteso alle coppie omosessuali la quasi totalità dei diritti matrimoniali. Cercheremo di elencare solo i principali.
Iniziamo ad esempio alla morte del partner unito civilmente.
Le unioni civili estendono al partner superstite le stesse identiche garanzie in tema di diritto successorio e testamentario, in tema di reversibilità della pensione (su cui rimandiamo ad una guida specifica di Gay Lex di prossima uscita) e in tema di diritto di abitazione nella casa familiare.
Altro importante tema è senz’altro quello del diritto dell’immigrazione. Come abbiamo detto più volte (e come è peraltro stato confermato da circolari ministeriali) viene esteso al partner unito civilmente il diritto al ricongiungimento familiare nonché quello ad ottenere la carta di soggiorno permanente e, come per le coppie sposate, successivamente anche la cittadinanza. Vige poi il divieto di espulsione (tranne che per gravi motivi di ordine pubblico) del partner unito civilmente così come del coniuge. Un divieto che addirittura la giurisprudenza ha esteso ai conviventi di fatto.
Altri diritti da segnalare sono quelli in caso di malattia del partner. Dal diritto di visita in ospedale alla nomina di amministratore di sostegno (salvo validi motivi contrari), all’assistenza sanitaria (anche in tema di benefici ex legge 104), fino alle agevolazioni fiscali, le unioni civili prevedono tutto.
Gli stessi diritti dei coniugi vengono estesi in ambito di diritto di visita in carcere e in ambito di impresa familiare. Il partner, così come il coniuge, non può essere accusato di favoreggiamento o essere costretto a testimoniare contro il proprio compagno, in caso di processi penali.
Vi è ovviamente il diritto al mantenimento in caso di scioglimento dell’unione civile il cui procedimento segue le stesse regole del divorzio dei coniugi.
Proprio nello scioglimento dell’unione civile vi è una delle principali differenze con il matrimonio. A parere di chi scrive si tratta di una differenza positiva, al di là delle eventuali motivazioni sottese. La fine dell’unione civile infatti avviene senza separazione preventiva e con una tempistica molto più breve rispetto al divorzio nel matrimonio.
Altre differenze riguardano ad esempio la mancata previsione delle pubblicazioni e dell’obbligo di fedeltà. Va detto che quest’ultimo risulta ormai anacronistico e che difficilmente il tradimento è motivo di addebito in un divorzio.
I decreti attuativi hanno poi chiarito che anche la celebrazione delle unioni civili segue la solennità di quella del matrimonio visto che proprio sulla celebrazione molti sindaci avevano tentato inizialmente di fare leva per discriminare le coppie omosessuali venendo peraltro censurati subito dai tribunali.
La legge sulle unioni civili espressamente non estende alle coppie unite i diritti e le facoltà riservate alle coppie sposate in tema di genitorialità.
Mentre i figli nati durante un matrimonio diventano automaticamente figli della coppia, quelli nati in una unione civile diventano figli solo del genitore biologico.
Inoltre una coppia unita civilmente non può accedere all’adozione di un bambino o alle tecniche di procreazione medicalmente assistita in Italia.
Non viene però esclusa dalla legge la possibilità di ricorrere alla stepchild adoption. Questa, però, ad oggi rimane una terribile zona grigia. Se da un lato ci sono Tribunali che ritengono anzi che le unioni civili siano un fattore importante per le stepchild ce ne sono altri come che, a tutt’oggi, purtroppo negano l’adozione da parte del co-genitore.
Sempre in tema di genitorialità dopo la vicenda di Torino, molto si è parlato circa la possibilità, anche grazie alla legge 76/2016, di riconoscimento alla nascita del figlio di due mamme.
Altra zona grigia è quella che riguarda i rapporti con i parenti del partner. Non è chiaro, ad esempio, se i suoceri diventino affini come accade dopo un matrimonio. Probabilmente bisognerà aspettare la prima sentenza su questo tema (rilevante ad esempio ai fini dei benefici della legge 104).
Infine ricordiamo il grosso pasticcio della scelta del cognome comune che doveva essere una grande innovazione e che invece alla fine con i decreti attuativi si è trasformato in una mera sfumatura di colore.
Insomma in definitiva la legge 76/2016 fa certamente da spartiacque fra un prima senza diritti e un dopo. Ma di certo il lavoro da fare per una piena eguaglianza è ancora tanto!
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