Prima il voto sulla gestazione per altri (o come preferiscono chiamarla loro “utero in affitto”), poi quello sulle unioni civili. È la nuova battaglia di NCD e questa volta il teatro è la Camera dei Deputati, dove la discussione sul ddl dovrebbe iniziare il 9 maggio e chiudersi, parola del premier in persona, tra l’11 e il 12. Il condizionale diventa d’obbligo perché a cominciare dal capogruppo a Montecitorio del partito di Alfano Maurizio Lupi, da NCD si è levato un coro che chiede all’alleato di governo di “rispettare i patti” e cioè di imprimere una sferzata alla pratica della gestazione per altri (che, vale la pena ribadirlo, è già vietata in Italia dalla legge 40 sulla procreazione assistita) prima che si voti definitivamente la legge sulle unioni civili.
Manca, ancora, la mozione del PD, al netto di quella presentata al Senato da Anna Finocchiaro. Lo scontro è sempre lo stesso, dentro il partito del premier: cattolici contro dem. Una bozza esiste, ma non è ancora la sintesi che va bene a tutti. Il testo base è stato redatto da Titti di Salvo, ma è stato criticato da chi ritiene che la maternità surrogata vada condannata “chiaramente e senza ambiguità”.
Il punto rimane che, quando il calendario della Camera è già fissato, NCD alza il livello dello scontro e punta a far pesare il proprio ruolo come successo al Senato dove il testo è stato modificato togliendo le stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà, usato come vessillo da Alfano per distinguere chiaramente e ulteriormente il matrimonio dalle unioni tra persone dello stesso sesso, relegate a un rango inferiore.
Ora l’alleato di Renzi chiede che il calendario sia rivisto per prevedere prima il voto sulla gestazione per altri. Si tratta, in realtà, di un altro vessillo che NCD vuole sventolare, perché non c’è alcun disegno di legge, ma solo mozioni che impegnano il governo (in un senso o nell’altro). Più dichiarazioni di intenti che atti reali, insomma. Quanto basta, però, per tentare ancora una volta di cambiare le carte in tavola. Perché se NCD dovesse impedire che si ponga la fiducia, non solo i tempi si allungherebbero ulteriormente, ma la legge dovrebbe affrontare il dibattito in aula, con il conseguente rischio di approvazione di modifiche e, quindi, di tornare in Senato. O, semplicemente, tutto potrebbe risolversi nel tentativo di avere visibilità politica su un tema di cui gli alfaniani hanno fatto una bandiera di conservatorismo.
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