Sabrina di Biase, trentaquattrenne infermiera dell’ospedale Manzoni di Lecco, aveva fatto coming out con i colleghi appena un anno fa. Da allora sono iniziate le offese. Fino alla scritta sul suo armadietto: «Fuori di qua lesbica». Scattano le denunce.
Sabrina Di Biase è una donna coraggiosa. Madre di quattro figli avuti con il precedente compagno ha scoperto solo in età adulta la sua omosessualità. Venuta allo scoperto ha deciso di viverla alla luce del sole, comunicando anche l’intenzione di unirsi civilmente alla nuova compagna. Nell’ospedale Manzoni, dove lavora da tre anni, ha fatto coming out un anno fa. Ma a quanto pare non tutti hanno accettato il suo orientamento sessuale. Dalle battutine a denti stretti alle offese vere e proprie, fino alla scritta sull’armadietto che ha convinto Sabrina a denunciare e a rivolgersi al sindacato.
Intervistato dal quotidiano La Repubblica il segretario sanità pubblica del sindacato Uil Fpl del Lario Massimo Coppia ha commentato: «Il posto di lavoro dovrebbe essere il più tutelante possibile e invece questo brutto gesto dimostra che purtroppo esistono ancora casi in cui la realtà è ben diversa. L’abbiamo subito invitata a sporgere denuncia alle forze dell’ordine contro ignoti, cosa che lei ha fatto, e le stiamo fornendo tutto il supporto normo-giuridico per far fronte alla situazione. L’abbiamo messa in contatto con il nostro ufficio regionale dedicato alle problematiche legate al mobbing e allo stalking e ci siamo rivolti anche alla consigliera di Parità della Provincia di Lecco. Speriamo che questo grave atto possa contribuire a innescare una riflessione e portare a un’opera di sensibilizzazione anche da parte della direzione generale dell’ospedale, che non ha responsabilità per il comportamento di qualche dipendente, ma ci ha già dato la propria disponibilità».
Per sostenere Sabrina sono scese in campo anche le associazioni lgbtq+, soprattutto l’associazione lecchese Renzo e Lucio. «Tante aziende stanno organizzando iniziative volte a favorire l’integrazione delle persone GLBT (gay, lesbian, bisexual, transgender) – scrive l’associazione – e ci offriamo di dare all’ospedale tutto il nostro supporto in questo senso». «Chiediamo ai dirigenti di intervenire e di introdurre politiche aziendali mirate – spiega il presidente Mauro Pirovano – Anche perché quanto accaduto a Sabrina potrebbe essere solo la punta di un iceberg e oltre a lei, che ha avuto la forza di rendere pubblici gli insulti ricevuti, ci sono magari altre persone che subiscono e soffrono in silenzio».
«Il prossimo anno Renzo e Lucio organizzerà il primo Pride sul nostro territorio – conclude – e non a caso uno dei temi su cui punteremo maggiormente sarà quello delle politiche di inclusione sul posto di lavoro. In base alle segnalazioni che riceviamo, possiamo dire che l’omofobia è ancora presente in vari contesti professionali. Parlarne e organizzare incontri di sensibilizzazione è un primo passo per sconfiggerla».
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