Non è mai troppo tardi per tornare al Babylon nè troppo presto per andarci la prima volta: sta per uscire Queer As Folk – Still Proud, il reboot della serie Lgbt+ che ha debuttato su Showtime nel dicembre del 2000.
Per una durata totale di 5 stagioni e circa cento episodi, Queer as Folk U.S.A. (la prima versione è ambientata in U.K.) ha tenuto banco un po’ ovunque meno che in Italia, dove è andata in onda per intero soltanto su Jimmy, network di SKY, a partire dal maggio del 2006.
Prima di andare su Jimmy la serie è stata mandata in onda e ritirata varie volte: ha fatto scalpore perché ha rivoluzionato i canoni televisivi mettendo al centro – per la prima volta – la comunità Lgbt+ raccontata da personaggi differenti e ha affrontato diversi temi sotto la lente della politica, della società, della sanità e tanto altro.
«Queer As Folk era più di un semplice spettacolo, era una voce rivoluzionaria e necessaria per così tante persone. La nuova versione di Stephen per Peacock arriva in un altro momento cruciale nella nostra cultura» ha detto Lisa Katz, presidente di NBC Universal Television «l’intero team è così entusiasta di poter introdurre una nuova generazione a questo tipo di narrazione autentica e affermativa».
I personaggi principali erano Brian Kinney, bello e dannato interpretato da Gale Harold, Justin Taylor (Randy Harrison) ragazzino inesperto che alla fine si prende le sue rivincite e Michael (Hal Sparks), amante dei supereroi, eterno romantico e amico affidabile.
Ma come dimenticare Ted e Emmett, o anche Linz e Mel o ancora la mamma di Michael, Debbie, orgogliosa organizzatrice del Pride di Pittsburgh? Tutte e tutti sono ancora in attività nel panorama televisivo americano o canadese, sulle scene teatrali o dietro la macchina da presa.
In occasione di una reunion nel 2012, hanno rilasciato dichiarazioni rispetto alla serie e all’attualità. «Era l’opportunità per affrontare problemi che non erano mai stati mostrati prima in Tv» ha detto Ron Cowen, uno dei produttori. «Noi gay non vedevamo un vero riflesso di noi stessi in Tv, oltretutto non potevi sposarti e in 14 Stati c’erano ancora leggi sulla sodomia. L’ atmosfera era molto ostile».
«Pensavamo che il maggiore contraccolpo sarebbe stato da parte delle persone religiose di destra, ma non abbiamo mai sentito una parola» ha aggiunto Cowen.
Ma cosa non è cambiato in oltre vent’anni? Sul piano politico e elaborativo Queer as Folk vista oggi fa un po’ l’effetto di Sex and the City: ere geologiche indietro rispetto alle lotte sociali o al racconto involontario di molti, molti stereotipi. Ma del resto parliamo di venti anni fa.
Il comunicato stampa descrive l’imminente Queer As Folk come «una vibrante rivisitazione della rivoluzionaria serie britannica creata da Russell T. Davies, che esplora un gruppo eterogeneo di amici a New Orleans le cui vite si trasformano in seguito a una tragedia».
Secondo Variety, il reboot sarà «una versione moderna della serie britannica originale»: la notizia che il progetto era in fase di sviluppo è arrivata per la prima volta a dicembre 2019, prima che il cast si riunisse in occasione di una raccolta fondi per il Covid 19.
«È un onore surreale adattare la notoriamente rivoluzionaria serie di Russell T. Davies. Quando lo show è andato in onda originariamente, l’idea di storie queer impenitenti in TV era così provocatoria che ho sentito che potevo solo guardare Queer As Folk in segreto» ha detto il creatore Stephen Dunn. «Ma così tanto è cambiato negli ultimi 20 anni e quanto sarebbe meraviglioso se la prossima generazione non dovesse guardare Queer As Folk da sola nei loro umidi scantinati con l’audio disattivato, ma con la famiglia e gli amici e il volume alzato fino al massimo».
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