Rapito e interrogato per trentacinque ore: «Non ho subito elettroshock ma sono stato picchiato, bendato e legato. Mi hanno privato del sonno e hanno cercato di distorcere il tempo». È questa la testimonianza di un cittadino egiziano, come riporta l’Ansa. Un ragazzo di ventinove anni ormai trasferito a Berlino, nonché amico di Patrick George Zaky, «noto per il suo impegno nel campo dei diritti umani e LGBT» ricorda l’Huffington Post. Il quale, ricordiamo, è stato arrestato al Cairo lo scorso venerdì ed è ancora in prigione. Ulteriore testimonianza, questa, che ci spiega il clima che si respira nel paese nord-africano.
Intanto arrivano altre notizie, dall’Egitto, riguardo la sorte del giovane Patrick George Zaky: i genitori, si legge ancora, «denunciano che a lui è stato chiesto anche dei suoi legami con la famiglia di Giulio Regeni», oltre ad averlo «interrogato illegalmente per trenta ore». La famiglia di Patrick sostiene: «Di quel ragazzo italiano si parla su tutti i social media e anche Patrick conosceva il caso, se n’era interessato», ma non emergerebbero legami diretti con la famiglia dell’italiano trovato morto qualche anno fa. A Roma, intanto, è apparso un murale dell’artista Laika in cui si vede proprio Regeni che tenta di rassicurare il giovane, sussurrandogli di stare tranquillo, perché «stavolta andrà tutto bene».
«Nostro figlio» dicono ancora i genitori «stava tornando a casa per festeggiare gli ottimi voti ottenuti e ci siamo ritrovati a portargli cibo e vestiti in prigione. Vogliamo soltanto che torni a casa». E, assicurano ancora, che «Patrick difende le sue libere opinioni, ma conosce bene i limiti. Siamo una famiglia pacifica, nostro figlio non ha fatto nulla di sbagliato e non è mai stato una minaccia o un pericolo per nessuno, anzi: ha sostenuto e aiutato molta gente». Patrick ha potuto vedere la sua famiglia e ha chiesto che gli venissero portati dei libri, in prigione: «Ha chiesto di studiare, vuole essere pronto per gli esami di marzo. La nostra speranza è questa sua forza».
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