Una delle proposte più interessanti, visivamente seducente e stilisticamente impeccabile, in concorso al Lovers Film Festival è senza ombra di dubbio “2 Cool 2 Be 4gotten”, un dramma adolescenziale filippino girato con un budget limitatissimo (appena 30.000 euro) dal ventiquattrenne Petersen Vargas.
Felix e la scoperta di sé
Nella seconda metà degli anni Novanta, nella regione del Pampanga (Filippine), ancora distrutta dalla devastante eruzione del Pinatubo del 1991, vive Felix, un ragazzo intelligente, troppo studioso per poter interessare ai suoi compagni di scuola che da sempre tendono ad isolarlo. La triste ed anonima quotidianità del ragazzo viene scombussolata dall’arrivo di due nuovi studenti filippino-americani: i fratelli Magnus e Maxim Snyder, con i quali riesce a stringere amicizia. Felix si lascia trasportare dai suoi nuovi amici in un mondo intrigante, estremamente cool, ma anche oscuro e pericoloso. Come se non bastasse, la vicinanza con i due fratelli, permette al ragazzo di scoprire lati di sé sconosciuti, tra i quali anche il suo orientamento sessuale.
Una cultura cattolica, ma lontana
“2 Cool 2 Be 4gotten” è una stimolante immersione in una cultura lontana e prettamente sconosciuta all’occidente, una cultura fortemente cattolica – persino a scuola si recitano le preghiere – che tollera la comunità LGBT ma non la accetta. Non a caso, uno dei fratelli Snyder mette subito in chiaro di non avere nulla contro i gay, ma di sentirsi a disagio con essi. In un clima incerto, dove la popolazione è ancora sconvolta dall’eruzione e dalla distruzione portata da quella colata di lahar che non solo ha distrutto il territorio, ma che ha anche frammentato, rallentato e condizionato le loro vite, un adolescente difficilmente riesce a chiarire apertamente a se stesso e a chi lo circonda quali siano i suoi interessi; a maggior ragione diviene impensabile provare a dichiarare un sentimento, almeno fino a quando esso non evolve e si trasforma in un ingombrante ed ingestibile peso sul cuore.
Nelle Filippine, vietato ai minori
L’omosessualità di Felix viene affrontata attraverso una serie di silenzi, sguardi furtivi, negazioni che, alla lunga, finiscono con l’esplodere in un’esternazione spiazzante, per quanto essa appaia controllata. Ed è allora che si raggiunge il punto di non ritorno.
Vargas, sapendo quanto la tematica trattata possa destabilizzare il suo paese, dove il film è stato vietato ai minori di diciotto anni, la centellina miscelandola ad altri aspetti altrettanto urgenti da trattare: uno su tutti la difficile crescita e convivenza in territorio filippino di quei meticci nati dalla relazione tra donne
autoctone e americani.
La fragilità dietro la violenza
Magnus e Maxim, figli di una prostituta e di un uomo che non vedono da quando erano piccoli, nutrono un odio smodato per la loro situazione, per il loro non appartenere realmente a nessuno dei due paesi d’origine, per loro madre e per loro padre che dopo anni di assenza torna a reclamarli e pretendere il loro trasferimento negli Stati Uniti. Dietro alla coolness, alla spocchia e all’aria di superiorità dei ragazzi filippino-americani si nasconde un’ingestibile fragilità, che non riuscendo a ad essere metabolizzata viene soppressa con una cinica ed inspiegabile violenza, da una sete di vendetta irrefrenabile che li spinge a commettere atti sconsiderati.
Un piccolo capolavoro
Un film denso, emotivamente arricchente, profondo e meditato, impreziosito da una regia studiata nel minimo dettaglio, pulita, impeccabile, metodica e d’impatto. Vargas seziona il suo territorio nativo e i suoi personaggi, li analizza dall’interno e dall’esterno con eleganza, senza mai calcare la mano o dimostrarsi sfiancante. Con piccole pennellate a tinte tenui delinea l’ambiente e la società in cui vive. Non eccede, ma mostra la sua innata grazia, che solletica le emozioni a tal punto da portare lo spettatore al totale coinvolgimento, al condividere angosce e desideri dell’innocentemente represso Felix.