Quella del 20 settembre è una data un po’ ingrata, se guardiamo il calendario e, soprattutto, se la mettiamo in relazione a quello scolastico. Le persone sono appena tornate dalle ferie, in gran parte, e sono assorbite dal rientro. A scuola, poi, siamo proprio all’inizio dell’anno. È difficile didattizzare questo giorno, perché sballa con tutti i programmi. Per chi non lo sapesse, infatti, oggi si ricorda la presa di Roma, la cosiddetta breccia di Porta Pia. Argomento da terzo anno delle medie e ultimo del liceo. Il Risorgimento, di solito, lo fai subito prima o subito dopo Natale. Per il 25 aprile è più semplice: sei quasi a fine quadrimestre, è facile avvicinarlo alla fine del fascismo. Con il 20 settembre è più problematico. È come se questo evento storico fosse condannato a dissolversi e a impallidire rispetto alle incombenze della quotidianità. Sebbene, ad un occhio più attento, ad essa è irriducibilmente collegato.
Perché mai, vi chiederete. È molto semplice. Il 20 settembre 1870 Roma viene liberata dalla tirannide plurisecolare dei papi e diviene capitale d’Italia. La politica di allora, almeno fino alla prima guerra mondiale, è caratterizzata da una certa indipendenza dalle decisioni politiche dei vari governi, rispetto alle pretese della chiesa (che rimane, appunto, in disparte per sua scelta). È il momento in cui si sancisce, attraverso l’onore delle armi, la laicità del nostro paese.
Da quel momento, a ben vedere, ne scaturiscono molti altri – o così dovrebbe essere – che rientrano prepotentemente nella vita di tutti i giorni. Volete un esempio? Il 20 settembre è quella cosa per cui il crocifisso nei luoghi pubblici è un abuso, nonostante quello che vi dicono Giorgia Meloni e Matteo Salvini. È la ragione per cui gli obiettori di coscienza in ospedale rappresentano una violenza nei confronti delle donne e della loro autodeterminazione. O quella per cui l’esenzione dalle tasse sugli immobili è un privilegio feudale. Giusto per fare i primi tre esempi che vengono in mente. Ma non solo.
È il motivo, per quello che riguarda la comunità Lgbt nello specifico – ma più in generale, tutta la società – per cui l’omofobia religiosa dovrebbe essere un crimine (con buona pace di certe leggi che invece la giustificano). È il suggello storico per cui tutte le interferenze delle sfere religiose sulle nostre vite, sul tipo di leggi per regolare le nostre unioni o sul nome con cui etichettare le nostre famiglie, dovrebbero essere respinte con un no secco e inequivocabile (e qualcuno lo dica alla nostra classe dirigente, che non è capace di andare oltre a ciò che è riuscito a fare). È il perché, in parole più semplici, non vivi in un paese che potrebbe somigliare all’Iran.
Pensate che stia esagerando? Nello Stato Pontificio era prevista la pena di morte, il potere era in mano a una casta di religiosi e la condizione delle minoranze (come gli ebrei) e delle donne non era tra le più progressiste d’Europa o dell’Italia stessa. Per cui, pensiamoci sempre. Ricordiamolo, insomma, quando in una strada o in una piazza della nostra città vediamo scritto XX settembre. Perché fa parte di noi molto più di quello che siamo disposti a credere (e che ci insegnano a scuola o ci dicono i giornali).