40 anni dopo Giarre: il sì di Massimo e Gino, che rende giustizia ai due giovani uccisi

«Nella vita tutto può accadere e a volte accadono anche cose inaspettate, come un matrimonio che non era mai stato concepito prima. Il nostro è un matrimonio inutile e indispensabile». La racconta così, la sua promessa, Massimo Milani, storica esponente del movimento Lgbt+ italiano che ha contribuito a fondare Arcigay. «È inutile» scrive ancora, «perché nulla ormai ci può separare dopo tanti anni vissuti insieme, neanche la morte, forse. È indispensabile perché per due mesi siamo stati separati e isolati l’uno dall’altro. Due mesi durante i quali Gino lottava tra la vita e la morte. Due mesi che lo hanno visto poi miracolosamente risorgere a nuova vita mi hanno fatto cambiare idea».

Una storia lunga 42 anni

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Massimo Milani e Gino Campanella ad un evento pubblico

Massimo Milani e Gino Campanella stanno insieme da 42 anni. Poi la pandemia. E, in mezzo a quella, un problema di salute che ha preso Gino. Allontanandolo dai suoi affetti. Dal suo affetto più importante. «“Io questo uomo lo devo sposare” mi sono detta» scrive ancora Massimo, su Facebook. «Lo devo sposare per chiudere un cerchio, per vivere una festa rigenerante». E il luogo scelto per celebrare queste nozze, non è un posto qualsiasi. Si terrà a Giarre, il 31 ottobre di quest’anno. Un giorno simbolico, per la comunità Lgbt+ italiana.

La scelta di Giarre, il 31 ottobre

Lo stato di Massimo si apre proprio citando i fatti di Giarre, in quel lontano 31 ottobre 1980: «Due giovani amanti lasciano una terra che non li poteva contenere e non poteva comprendere il loro amore. Hanno lasciato questa terra tenendosi per mano, uccisi da una mano infame». Si tratta dei fatti di Giarre: in quella data vennero trovati i cadaveri di Antonio Galatola e Giorgio Agatino Giammonai, sulla cui morte non è mai stata fatta chiarezza. Due ragazzi uccisi, molto probabilmente, per lavare l'”onta” dell’omosessualità in paese e in famiglia.

Un cerchio che si chiude

Una data che apre e chiude un cerchio. «La cerimonia non potevamo non organizzarla in un luogo che è rimasto indelebile nell’immaginario Lgbt+, a memoria perenne di una morte ingiusta, per non dimenticare un gesto vile e nella speranza che questo nostro atto, fortemente simbolico e politico, renda un millesimo di giustizia ai due giovani uccisi». Grande fu infatti l’indignazione, nella comunità arcobaleno italiana, per quell’episodio di sangue. Indignazione che fu da collante, per gli anni a seguire, per il nostro movimento.

“Veniamo da Giarre, da quella storia”

La coppia, al Palermo Pride

«Veniamo da quella storia» dichiara a Gaypost.it Massimo Milani, raggiunto telefonicamente. «L’abbiamo vissuta sui nostri corpi. Non potevamo non scegliere Giarre». Le ragioni, rivela, sono quelle già riportate su Facebook: «Perché [le due vittime, ndr] possano forse, finalmente guardarci dall’alto e trovare pace e serenità, oggi che questo amore è in parte possibile e vivibile alla luce del sole. Questa almeno è la nostra speranza». E perché «tutto questo non accada mai più». Un’occasione, ricorda ancora Massimo, «per riconciliarsi con Giorgio e Toni».

Un matrimonio che è una festa di comunità

Una scelta che ha commosso e fatto gioire la comunità Lgbt+ palermitana (ma non solo), che si è stretta attorno alla coppia. Già a luglio avevano accennato all’intenzione di sposarsi (qui il video, dal minuto 2:30) fino a quando è arrivata l’ufficialità. Poi Massimo si congeda, ha da fare. Mentre rispondeva al telefono, ci ha fatto sapere che stava scegliendo l’abito da sposa. Per quella che sarà una grande festa di comunità. Una festa, per celebrare la vita e la speranza. Di un mondo con più tenerezza e responsabilità. Come la storia che da 42 anni tiene accanto a Massimo e Gino.

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